Lo scorso gennaio la regista esordiente Mimi Cave presenta al Sundance Film Festival, evento madre della cinematografia indipendente a livello globale, la sua opera prima, Fresh (114 minuti di durata), da una sceneggiatura di Lauryn Kahn. Il film, un riuscito thriller gradevolmente sopra le righe, gioca con i generi e le soluzioni narrative, rasentando in molteplici occasioni dei paradossali toni da commedia. A facilitare la promozione della pellicola concorre la presenza di due interpreti ampiamente popolari nel contesto cinematografico attuale: il già affermato Sebastian Stan affianca infatti la più emergente Daisy Edgar-Jones. Generalmente accolto con calore dalla critica internazionale anche per la sua apprezzabile capacità di giocare con temi attuali e contesti narrativi estremi, il lungometraggio è stato inserito nel catalogo della piattaforma Hulu all’inizio di marzo per gli Stati Uniti; in Italia sarà disponibile su Disney+ dal mese di aprile.
La trama del film
La giovane Noa (Daisy Edgar-Jones), forse per noia, forse in cerca dell’amore, si impone di subire giorno dopo giorno dimenticabili appuntamenti con ragazzi che tendono a rivelarsi spesso tediosi quando non direttamente sgradevoli. In questo, sua complice e valvola di sfogo è l’amica Millie (Jonica T. Gibbs), cui offre i racconti delle sue sventure. Nonostante la giovane sia più improntata alla sfera del dating online, tra i corridoi di un supermercato il destino le pone davanti – un incontro tanto fortuito quanto apparentemente provvidenziale – il curioso Steve (Sebastian Stan).
Nonostante alcune riserve e tentennamenti iniziali, Noa sceglie di gettarsi nell’insperata frequentazione con il ragazzo, che si rivela nel mentre tanto coinvolgente quando intelligente, condividendo contemporaneamente con lei sia l’ironia che i traumatici trascorsi. Sotto lo sguardo non pienamente convinto di Millie, la relazione tra i due si fa ora dopo ora esponenzialmente promettente. Quando però Steve proporrà a Noa un’idilliaca fuga dalla città della durata di pochi giorni, lei vedrà rivelarsi l’identità che si cela dietro al suo carismatico compagno, un’identità fatta di sangue, orrore, sadismo e oscurità. E, allo stesso tempo, sarà proprio Millie, insospettita dall’assenza prolungata dell’amica, a mettersi sulle sue tracce rischiando di svelare i torbidi segreti di Steve.
La recensione di Fresh
L’idea di cinema che con questo primo lungometraggio Mimi Cave pare voler impostare è giovane, attuale e giocosa – e in questo dunque apprezzabile e necessaria – e va a tangere qualsiasi aspetto della sua produzione, dal registro narrativo ai collaboratori. Il suo stile, affiancato alla sceneggiatura di Kahn che della regista condivide giocosità e toni, è fortemente ancorato a più o meno pressanti e ampiamente note questioni della contemporaneità, particolarmente vicine alla sensibilità dei millennial e della generazione Z (le più evidenti: il vorticoso turbine dell’online dating, ma anche un’ironia nei ribaltamento del lifestyle veggie e, esplicitato sul finale, una venatura prettamente femminista). Ma, giustappunto, regia e sceneggiatura scelgono – ed è forse questo a determinare la fortuna di Fresh nella sua interezza – di giocare con questi temi, applicandoli in modo quasi scherzoso e decidendo, acutamente, di accostarli per contrasto agli stilemi del genere thriller.
Ben venga dunque la brutalità, l’oscura componente morbosa del sadismo coniugata con quella del più raccapricciante cannibalismo, poiché – come il film si appresta a mettere in chiaro sin da subito – si ha la garanzia di un contraltare tonale ironico, scherzoso, che alleggerisce il risultato finale rendendolo al contempo implicitamente più fresco e riuscito. Certamente sia la regia che la sceneggiatura in qualche occasione cadono nella dinamica del cliché, come è inevitabile che avvenga (soprattutto nel caso delle opere prime), ma alla luce dell’originalità nell’impostazione di base nessuna delle ingenuità presenti danneggia complessivamente la pellicola, e le incertezze si rivelano perdonabilissime. Si delinea così un prodotto curioso, che grazie ad un accostamento marcatamente contro-intuitivo sfocia nel grottesco più sublime e apprezzabile, giocando con un’ironia tanto rischiosa quanto sottile e per certi versi raffinata (alla luce di ciò, non stupisce che alla produzione del film concorra Adam McKay, incline a toni speculari).
A questi apprezzabili elementi si coniuga un uso attento e variegato della macchina da presa, che si diletta nelle più svariate tecniche, dal ralenti ai ribaltamenti di 360° passando per un’estrema mobilità che si traduce in una dose massiccia di carrellate. E, non meno importante, concorrono alla riuscita di Fresh anche le centrate interpretazioni del cast nella sua totalità, a partire dai suoi due protagonisti. Stan conferma la sua naturale predisposizione per ruoli tanto enigmatici (se non morbosi) quanto glaciali, e Edgar-Jones, forte del plauso ricevuto per la sua performance in Normal people, dimostra che il suo exploit non è dovuto a un semplice colpo di fortuna ma è il frutto di una dote interpretativa convincente e capace di spaziare tra i generi.
Complessivamente, Fresh non è certo un film capace di rivoluzionare la storia del cinema contemporaneo (né ha le pretese di esserlo, fortunatamente). Ma dimostra comunque di essere una pellicola a suo modo particolarmente intelligente, pensata e calibrata, in cui un’alternanza di toni e registri tra loro opposti si susseguono senza sosta, imprimendo il film nella sua totalità nella mente dello spettatore e determinando quindi la riuscita della pellicola stessa. Non una pietra miliare dunque, ma un apprezzabile debutto nel campo del cinema d’intrattenimento, che dimostra una conoscenza profonda delle dinamiche interne ai generi, un’attenzione alla contemporaneità e un’impronta registica, quella di Mimi Cave, marcatamente personale.