First reformed, talvolta integrato con il sottotitolo La creazione a rischio, è un film drammatico (con venature thriller) del 2017. È stato ideato, scritto e diretto da Paul Schrader, nota penna della generazione della Nuova Hollywood che nel corso della sua carriera ha esplorato a più riprese per mezzo delle sue opere il topos della solitudine. Il film, nei 108 minuti in cui si sviluppa, è reperibile da questo mese sulla piattaforma di streaming Netflix, e delinea una fase complessa nel percorso spirituale del pastore Ernst Toller.
First reformed: la trama del film
Il pastore Toller (Ethan Hawke, già in The Good Lord Bird, La verità, L’attimo fuggente e nella trilogia Before sunrise, Before sunset e Before midnight di Richard Linklater) è a capo della First Reformed Church di Snowbridge, New York. L’uomo, alle prese con un’intensa crisi spirituale, decide per placare il proprio animo di trasporre su carta i propri pensieri in forma di diario. Il presente dell’uomo di fede è travagliato – la sua chiesa funge ormai quasi solo da attrazione turistica – tanto quanto lo è stato il suo passato: la perdita del figlio sul fronte di guerra iracheno ha mosso in lui tendenze all’alcolismo che fatica a reprimere. Mentre sono in corso i preparativi per la celebrazione del 250° anniversario della First Reformed, Toller viene avvicinato da Mary (Amanda Seyfried – Mank, L’apparenza delle cose, Padri e figlie). La giovane, incinta, è sposata con Michael (Philip Ettinger), turbolento attivista per la causa ambientale che si oppone alla scelta della moglie di portare avanti la gravidanza.
Più propenso per un aborto, Micheal rifugge l’idea di far nascere un figlio in un mondo prossimo al collasso, garantendo al nascituro solo distruzione e sofferenza; Mary chiede dunque a Toller di parlare con il consorte per convincerlo a supportare la gravidanza. Ma la figura di Michael si rivelerà più torbida di quanto inizialmente previsto, e costituirà un altro elemento di squilibrio nella vita di Toller. Quest’ultimo, al contempo, dovrà far fronte alla sua instabile condizione di salute, alla presa di coscienza relativa alla disastrosa situazione ambientale e alle continue avances di Esther, donna di fede con cui anni prima ha vissuto alcuni momenti di passione. Questi fattori di instabilità condurranno Toller in una spirale di crisi esistenziale ancor prima che spirituale, che si farà man mano più intensa con l’avvicinarsi della cerimonia per l’anniversario della First Reformed.
L’interpretazione di Ethan Hawke e il fil rouge schraderiano della solitudine
Nonostante le interpretazioni di tutto rispetto degli attori dediti ai personaggi secondari (che risultano tuttavia intrinsecamente marginali), il protagonista assoluto è indubbiamente la figura di Toller, resa possibile grazie all’interpretazione di Ethan Hawke. In questo caso, l’attore offre una performance atipica, che evita deliberatamente l’empatia spettatoriale. La resa dell’attore si muove nel campo dell’imperturbabilità, costellata però da picchi di inatteso patetismo: questa commistione stupisce l’osservatore, che fatica a percepire l’emotività del rigido protagonista e quindi a entrare in contatto con lui. Non si tratta tuttavia di un’ingenuità interpretativa né tanto meno autoriale, quanto di un elemento ben studiato. È infatti strettamente necessario tener presente che, con Schrader, siamo di fronte ad un autore di grandi solitudini, di uomini ai margini sigillati in loro stessi, personalità ermetiche e irraggiungibili: primo fra tutti il Travis Bickle (Robert De Niro) da lui ideato e messo in scena da Scorsese in Taxi driver.
Sebbene il personaggio non tenda ad esplicitare la propria emotività, non sia espressivo nel dimostrare il suo stato dell’essere, l’analisi psicologica in First reformed risulta comunque delle più profonde e coinvolgenti. Per permettere allo spettatore di farsi strada nel muro che è la psiche di Toller, inoltre, l’autore e regista studia un ulteriore stratagemma, quello del diario, su cui l’uomo riporta riflessioni e sentimenti (a loro volta riproposti al pubblico tramite voce off). Questo elemento, oltre a costituire per chi guarda uno spiraglio nella psiche del protagonista, è indubbiamente il frutto di una tradizione autoriale riconducibile al Diario di un curato di campagna di bressoniana memoria. Il personaggio di Schrader è infatti in tutto e per tutto eco di quello di Bresson: uomo di fede in crisi, malato e immerso in un quotidiano che gli risulta ostico; impenetrabile, imperscrutabile, trova sfogo alle sue frustrazioni solo fra le pagine del proprio diario.
First reformed tra regia e tematiche
First reformed integra senza dubbio al proprio interno moltissime – forse quasi troppe – problematiche: la crisi familiare, la perdita del figlio, la questione ambientale, la salute personale, l’elaborazione del lutto. Su tutte, però, domina quella della crisi religiosa che investe il protagonista. La fede di Toller inizia a vacillare al momento in cui la razionalità subentra, sibillina, nel suo fervore religioso. Ma quando questa irrompe, non si limita a turbare il personaggio ma investe anche la composizione visiva del film. Le inquadrature si fanno iper-razionali, simmetriche, la messa in scena diventa geometrica, lineare. La composizione dell’immagine risulta improvvisamente artefatta, quasi innaturale, deliberatamente fotografica. A questo curioso elemento si unisce la peculiarità del formato, perennemente in rapporto 1,37: 1, scelto per apparire eccessivamente ristretto, soffocante – così come, con lo scorrere degli eventi, a Toller risulta soffocante la propria quotidianità.
Tanti sono dunque i temi che come tasselli di un puzzle compongono la complessa organicità di First reformed. In primis la religiosità, o più precisamente la sua messa in discussione, che comporta lo sradicamento di quello che per un uomo di fede ha costituito per anni la totalità del proprio universo. Ma anche la perdita, il lutto, l’allontanamento di una persona cara e le ripercussioni che un evento di tale portata possono implicare nell’esistenza umana. Altro grande tema centrale del film è indubbiamente la crisi ambientale, che si impone a ritmi vertiginosi nelle vite di un’umanità incosciente. Ma su tutto, due sono gli elementi che dominano nel lungometraggio, influenzando ogni minuto della storia: la paura e la distruzione. Tanto cari al regista, permeano la struttura filmica e narrativa, lasciando cadere lo spettatore in un’atmosfera di sconforto, di disagio esistenziale colmo di riflessioni. Questi elementi elevano il film – già per sua natura complesso – nella sua interezza, rendendolo così più che degno di essere osservato.