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Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard

Fino all’ultimo respiro” è il capolavoro di Jean-Luc Godard, manifesto della Nouvelle Vague uscito nel 1960 e con Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg come protagonisti assoluti. Una delle coppie su schermo più belle che si siano mai viste. Il film si impone nell’immaginario comune, facendo vincere al suo autore l’Orso d’argento al miglior regista, che qua esordisce con la sua opera prima. Il soggetto iniziale è di François Truffaut, suo amico ed ex collega di redazione per la rivista Cahiers du Cinéma, con il quale dà vita per l’appunto al movimento francese.

Fino all’ultimo respiro, trama

Un ragazzo di nome Michel è un truffatore che si diverte a rubare auto. Una mattina dopo il furto di una vettura viene rincorso da due agenti in aperta campagna. Per salvarsi dall’arresto ferisce a morte uno dei due, fuggendo poi in città, nel cuore di Parigi. Parte da subito un mandato di cattura e il suo volto finisce su tutti i giornali. Il suo piano è concludere un vecchio affare di conti così da poter intascare dei soldi per scappare in Italia. Nel mentre si innamora di una ragazza americana chiamata Patricia e i due incominciano una relazione fugace.

Fino all’ultimo respiro, recensione

Fino all’ultimo respiro” è un film che ha fatto epoca sotto ogni punto di vista. Godard dimostra già dal primo lungometraggio di avere in mano tutti gli elementi necessari per realizzare dei veri capolavori. Questo film rientra infatti tra i titoli più famosi provenienti dal cinema francese, e che ha lanciato le rispettive carriere dei due attori protagonisti, i quali diverranno dei simboli del neo movimento artistico della Nouvelle Vague.

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Il cinema francese è sempre stato un cinema radicale, capace di scardinare pienamente le regole e sovvertire il sistema classico su cui poggia l’intera industria. Con la Nouvelle Vague cambia il modo di fare arte e l’approccio stesso alla materia. La pellicola è tra i massimi esempi di questa corrente artistica, che si impone tra la fine degli anni 50 e i primi anni 60 in Europa.

I suoi autori si fanno quindi carico dell’abbattimento di vecchi modelli valoriali, che regnavano fino a quel momento in Occidente, per sostituirli con dei nuovi ed estremamente progressisti, che rompono appieno con le logiche del passato.

Il successo della Nouvelle Vague

Il primo aspetto che salta agli occhi è il montaggio, che si avvale di una tecnica che non si era mai vista prima, almeno fino a quel momento storico cinematografico. L’autore decide di seguire una sua visione di ripresa, totalmente svincolata da ogni dogma precedentemente imposto. Il risultato lo si può notare da questi tagli bruschi e netti, che spiazzano lo spettatore. Nasce quindi il concetto di autore libero e indipendente, una figura che con il tempo prende sempre di più il sopravvento, facendosi largo come prospettiva e ottica futura per numerosi cineasti che da lì al giro di qualche anno esploderanno.

Nasce quindi l’idea di poter realizzare un film, che non tenga conto solamente di un intrattenimento, volto il più possibile a soddisfare le persone in sala. Godard, Truffaut puntano invece sul messaggio e il concetto che quel film si trascina dietro e che si può afferrare scavando nella profondità dell’immagine. Stranamente riescono a riscuotere quel successo che permetterà loro di acquistare la fiducia dei produttori, così da potersi far finanziare le successive pellicole. I cineasti francesi sdoganano quindi un approccio di fare cinema che mai prima di allora aveva avuto un enorme impatto sulla cultura di massa.

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Uno stile indipendente, che scuote l’animo dello spettatore, il quale non è minimamente preparato a rapportarsi con un’opera del genere. Semplicemente perché non era la norma. Questi cineasti si pongono nell’industria cinematografica in maniera squarciante, facendo crollare le fondamenta che ne erano alla base e che governavano fino ad allora.

Frutto di un vento di cambiamento culturale che andava ad affermarsi in un Europa che finalmente guardava in una direzione che chiudeva con la tradizione. “Fino all’ultimo sospiro” è perciò un film con un punto di vista chiaro e diretto, che si allinea alle trasformazioni sociali del tempo, come l’emancipazione della donna, ma che alla base trova il suo spunto da movimenti cinematografici, che avevano ottenuto una discreta fama negli anni passati, come il Neorealismo italiano o il cinema espressionista tedesco.

La nascita di un autore

In un clima di rottura con il perbenismo dell’epoca, Godard, realizza un’opera destabilizzante in tutti i sensi. L’autore crea un film che concorda esclusivamente con la sua impronta stilistica, a prescindere da tutto quello che ne viene detto. Si tralascia l’andare incontro alle esigenze di un pubblico sempre più accontentato nei gusti preferenziali.

Ecco che a Godard questo aspetto non preoccupa, non essendo minimamente interessato a ciò che pensa la gente. La sua idea è fare un cinema che rispecchi la sua visione di vita sociale e politica. Questo è l’unico fine che contraddistingue la sua filmografia. Il rimanere coerente con il proprio pensiero. Il film infatti può non piacere a tutti e soprattutto non vuole piacere a tutti, perché appunto sussiste un punto di vista, che è quello di Godard, che giustamente può non corrispondere a quello di chi assiste alla proiezione.

La sua manifestazione artistica la possiamo ritrovare molto anche nella forma. I movimenti di macchina sono espressione di una soggettività imperante, che punta ad abbattersi sullo spettatore, il quale non può che rimanerne colpito, nel bene e nel male. Finalmente con Godard si arriva a scontrarsi con l’idea di un soggetto concretamente visibile e materiale. Il regista non si nasconde più dietro a una classica storia hollywoodiana ma adesso pretende di svelarsi come una figura distaccata, con una sua autorialità profonda e sensibile.

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Il cambio di focus e la relazione sentimentale

Godard quindi focalizza tutto il suo interesse sulla relazione fugace che si viene a creare tra i due protagonisti e che predomina rispetto alla vicenda poliziesca, della ricerca al ladro. Il rapporto fra i due personaggi è perfetto, senza ombra di dubbio, una delle relazioni più belle che si siano mai viste su grande schermo. Il legame che si crea è unico e ancora più eccitante dal fatto che è momentaneo e non destinato a durare. Quest’incontro clandestino, accentua maggiormente questa unione, enfatizzando sui caratteri dei due amanti.

Una storia che va controcorrente e che sposta il focus su un lato considerato meno stimolante per lo spettatore, il quale sicuramente avrebbe preferito vedere come prosegue la caccia all’omicida. Il motivo è semplice, Godard fa esattamente come vuole e mostra quello che ha più interesse nel mostrare. Ecco spiegato il perché parliamo di un punto di vista dirompente o divisivo, perché non punta a seguire i gusti del pubblico.

La scena ambientata nella camera da letto ne è la perfetta dimostrazione. Una scena che sottolinea e da spessore alla parte del dialogo, ovvero della conversazione che avviene tra i due amanti, e che si prende una buona fetta del totale sul film. Merito di due interpretazioni che non solo denotano una bravura mostruosa dei due interpreti ma che sono entrate di diritto nell’immaginario comune, svincolandosi dal film stesso e vivendo di natura propria.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Jean-Luc Godard realizza il suo primo film nonché il suo capolavoro e manifesto di un intero movimento artistico.
Giovanni Veverga
Giovanni Veverga
Amo gli autori che vogliono e sanno come raccontare una storia in grado di affascinare lo spettatore.

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