Film di guerra 5 titoli da vedere
I film di guerra sono una fattispecie cinematografica curiosa; hanno la capacità di intrattenere ma, al contempo, di raccontare di uno degli aspetti più bui della natura umana. Inutile dire infatti che, negli ultimi anni, si sta attraversando una fase di palpabile difficoltà storica. Il mondo è stato chiamato a mettere in discussione certezze che erano state costruite e a combattere contro nemici talvolta invisibili. Come se non bastasse la guerra in Ucraina riporta alla luce vecchi fantasmi storici, riavvicinando questa drammatica esperienza al continente europeo. Si è visto come anche il cinema abbia avuto un ruolo chiave all’interno di tutto ciò: bloccando l’uscita nelle sale russe di film come The Batman, è diventato presto chiaro come la settimana arte mantenga ancora oggi un ruolo preponderante in termini di impatto economico. Nella seguente rassegna vengono proposti cinque film di guerra considerabili come “alternativi”, ovvero come opere legate al campo di battaglia solo in maniera indiretta. Si tratta di titoli che puntano a dipingere piuttosto le conseguenze psicologiche del conflitto e lasciano l’elemento bellico sullo sfondo. La scelta è dettata dal fatto che, nel mondo che ci si trova a vivere oggi, è proprio l’impatto psicologico a giocare un ruolo essenziale sulla vita delle persone; mai come negli anni recenti è stato dedicato un occhio di riguardo alla salute mentale. Nei film che seguono dunque sono state messe da parte le strategie, le armi e tutto ciò che possa essere ricollegato a un campo di battaglia; si vuole più che altro far luce sul lato umano.
Brothers
Il primo film di guerra da segnalare è un titolo risalente al 2009 e colpevolmente dimenticato dai più. Questo dramma psicologico narra di due fratelli agli antipodi: Sam è un capitano dei Marines, ligio al dovere e buon padre di famiglia. Tommy invece è un giovane scapestrato che entra ed esce di prigione e sembra che stia buttando la sua vita. Quando Sam viene dichiarato morto in una missione in Afghanistan Tommy prende il suo posto, prendendosi cura della famiglia. La trama porta poi Sam a far ritorno a casa (non era morto ma era stato rapito e tenuto prigioniero dai talebani) e si assiste a una vera e propria inversione di ruoli. Complice anche la salute mentale di Sam (costretto dai rapitori a uccidere un suo commilitone e pertanto affetto da stress post traumatico) il capitano non sa se tornerà presto alla situazione di prima, se sarà ancora guida affidabile per sua moglie e le sue figlie. Il film diretto da Jim Sheridan punta su un registro molto lineare: gli eventi si susseguono con una semplicità estrema ma garantiscono un coinvolgimento massimo data la drammaticità della storia. Contribuisce a ciò anche l’interpretazione di Tobey Maguire, tra le più intense della sua carriera: l’attore mostra, attraverso la sua mimica facciale, un lato oscuro interiore che soltanto una guerra può scatenare. Menzione speciale deve essere fatta anche per la colonna sonora di Thomas Newman, compagna di viaggio struggente ma speranzosa.
Il cacciatore
Un altro film di guerra che si concentra poco sulla guerra e molto sulle sue conseguenze è il capolavoro di Michael Cimino. Anche in questo caso si assaporano scene di battaglia ridotte all’osso; le fasi della narrazione dove si percepisce il conflitto hanno infatti una durata molto limitata ma quel tanto basta per rovinare delle vite. L’allegra combriccola di amici, formata da giovani operai metalmeccanici della Pennsylvania, deve partire per il Vietnam e abbandonare la comunità russo-ortodossa che le ha dato i natali. Complice il clima rassicurante di questo loro nido, sperimenteranno la disumanizzazione che un conflitto bellico porta con sé e le loro vite saranno distrutte per sempre. Nessuno tornerà illeso; specie Nik che dovrà fare i conti con una realtà a lui fondamentalmente estranea. Il giovane perderà la testa e sperimenterà le tragiche conseguenze del brutale gioco al quale i carcerieri vietnamiti avevano costretto lui e gli altri dopo la cattura; ovvero la Roulette russa. Il suo amico Michael (anch’egli alle prese con stress conseguente alle costrizioni subite) cercherà di farlo rinsavire ma la vita di Nik è ormai compromessa. Un’opera che si focalizza sul contrasto tra il prima e il dopo la guerra, un dramma che (grazie al tocco di Cimino) punta al raggiungimento di un iperrealismo evidente. Immagine assoluta di quest’impianto narrativo è l’incapacità di tornare a cacciare che Michael deve constatare successivamente al suo ritorno dal Vietnam e che lo mette davanti al fatto compiuto. La volontà di quest’ultimo e dei suoi amici di cacciare i cervi atterrandoli con un solo colpo (lasciandoli altrimenti andare) testimonia la lealtà alla quale era abituato; lealtà che ormai sembra volata via.
Unbroken
Il terzo titolo della rassegna legata alle conseguenze psicologiche della guerra è l’opera diretta da Angelina Jolie. Un film di guerra marcatamente emotivo che mira a far sentire lo spettatore come parte integrante del tutto; il coinvolgimento è senza dubbio garantito. Unbroken si riferisce a fatti attinenti alla Seconda guerra mondiale, raccontandoli da un punto di vista inedito. Il corridore Louis Zamperini, una volta arruolatosi nell’esercito, deve sperimentare mesi di torture e angherie in un campo di prigionia giapponese. Dopo essere caduto in mare dopo uno scontro aereo, non solo ha dovuto subire fame o paura di soccombere, ma il suo naufragio (piuttosto che terminare in quello che sembrava un rifugio amico) ha ulteriormente prolungato le sue sofferenze, essendo approdato poi nel campo anzidetto. Una storia di resistenza che testimonia le fatiche di un conflitto armato. Quest’ultime non sono legate soltanto alla paura di morire ma alla difficoltà di rinsaldare continuamente la propria volontà di rimanere vivo. La sopravvivenza di Louis è legata alla sua capacità di restare attaccato alla vita; avendo molto da perdere l’atleta italoamericano introduce una resilienza fuori dal comune e con caparbietà “annulla” le vessazioni del generale Watanabe (suo carceriere) il quale dovrà necessariamente riconoscere il valore di Louis.
La Battaglia di Hacksaw Ridge
Si arriva poi al film di guerra diretto da Mel Gibson, capace di portare sullo schermo la storia di un obiettore di coscienza che ha voluto arruolarsi senza tuttavia sparare mai un colpo. Gibson ha sempre avuto un debole per la rappresentazione scenica della violenza (basti pensare a La passione di Cristo e Apocalypto) ma sorprende stavolta lo spettatore con un’opera opposta. Laddove tutti intimano a Desmond di imbracciare il fucile e stare alle regole, quest’ultimo porta il suo pensiero fino in fondo e, opponendosi anche ai suoi superiori, riesce ad affermarsi come soccorritore militare. La sua figura arriva anche a essere insignita della medaglia d’onore. Il film insegna cos’è la determinazione. La forza delle proprie credenze può vincere su tutto, mantenendo al contempo intatto l’onore. Il senso del dovere può assumere diverse forme e si può benissimo portare a compimento gli obblighi che vengono dall’alto senza calpestare la dignità o alterare la propria sfera individuale.
Hotel Rwanda
L’ultimo titolo a rientrare nella lista non è tecnicamente un film di guerra nel senso puro del termine. L’opera drammatica di Terry George dipinge molto realisticamente il genocidio ruandese dei Tutsi a opera degli Hutu. Intorno alla metà degli anni Novanta il paese africano fu sconvolto dal deliberato e repentino tentativo di una delle due etnie dominanti di sterminare l’altra metà (socialmente più ricca e storicamente legata a posti di comando). Inizia una vera e propria mattanza che Paul (Don Cheadle) con la sua influenza cerca di scongiurare (salvando più vite possibili). Pur essendo un conflitto non riconducibile nemmeno a una guerra civile (in quanto propugnato soltanto da una delle due categorie) si assiste in quest’opera alla descrizione di come molte dinamiche internazionali funzionino nel concreto. Il ruolo dell’ONU in questo film è infatti essenziale per comprendere la solitudine che si può provare davanti a una tragedia qual è uno sterminio programmato. Viene spiegato (attraverso sequenze visive anche molto crude) cosa vuol dire essere isolati e visti agli occhi del mondo come dei cittadini di serie b. Viene quindi ampiamente trattato anche quel senso di smarrimento che si prova al cospetto di atti ostili ma anche quella viscerale necessità (indotta da un conflitto armato) di abbandonare la propria casa. Lo spettatore è completamente messo al corrente di cosa voglia dire.