Nel 2015 il regista e sceneggiatore belga Jaco Van Dormael si dedica ad un nuovo progetto, che prende il titolo di Dio esiste e vive a Bruxelles – il titolo originale, Le Tout Nouveau Testament (letteralmente, “Il Nuovo Nuovo Testamento”), riassume forse in modo più chiaro gli sviluppi narrativi della pellicola. Si tratta del quarto lungometraggio di Van Dormael, a seguito anche di nove cortometraggi di successo. La pellicola in questione giunge a sei anni di distanza dal suo precedente lavoro, il caso costituito dal Mr. Nobody (2009, con protagonista Jared Leto) che tanto aveva sconvolto e fatto discutere il pubblico con la sua modalità narrativa innovativa e personalissima.
Come di consueto accade per i suoi lavori, anche nel caso di Dio esiste e vive a Bruxelles il regista assume anche il ruolo di autore, affiancato però in sede di scrittura dallo sceneggiatore Thomas Gunzig.
Ad oggi la pellicola – 113 minuti di durata – non è stata seguita da altri lavori dello stesso regista.
Il successo del prodotto è testimoniato, sul piano della critica, dalle nove candidature e dalle conseguenti quattro vittorie riportate ai Premi Magritte (gli “Oscar del Belgio”), ottenute in categorie di primissimo piano. I premi, infatti, sono state guadagnati nelle categorie principali di Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura e Miglior Colonna Sonora.
Attualmente il film è disponibile per lo streaming agli abbonati di Amazon Prime Video.
La trama del film
In un appartamento etereo che ha poco dell’idillio del Paradiso comunemente inteso vivono Dio, sua moglie e la figlia minore della coppia, Ea. Ben lontano dalle rappresentazioni secolari, il Dio in questione (Benoît Poelvoorde) è gratuitamente severo, tanto con la famiglia quanto con cui umani su cui esercita il proprio controllo, e vive ai limiti di un neppur troppo latente alcolismo.
Stanca di vedere il padre esercitare le più svariate forme di crudele sadismo sul mondo umano, su consiglio del fratello maggiore “JC” (Jesus Christ) la piccola Ea si ribella alla figura genitoriale.
In primo luogo, per imporsi in qualità di figura messianica sorteggia sei umani che diventeranno i nuovi apostoli e le permetteranno di delineare un Nuovo Nuovo Testamento.
Dopodiché, per togliere potere al padre comunica ad ogni umano sulla Terra la relativa data di morte e scappa di casa per scendere a sua volta fra i comuni mortali.
Sulla Terra Ea (Pili Groyne) fa la conoscenza dei suoi apostoli, componendo un campionario umano del tutto particolare: Aurélie (Laura Verlinden), una giovane donna bellissima che ha perso un braccio in un incidente; Jean Claude (Didier De Neck) un lavoratore di successo insoddisfatto della propria condizione; l’eroinomane Marc (Serge Larivière) che non riesce a trovare l’amore; l’assassino François (François Damiens), ossessionato dall’idea della morte e poco entusiasta della propria vita familiare; la più matura Martine (Catherine Deneuve), che trova in un amore letteralmente selvaggio il suo nuovo equilibrio; e il piccolo Willy (Romain Gelin), prossimo ad esprimere il suo ultimo desiderio. Nel proprio percorso, tuttavia, la piccola Ea sarà rincorsa dalla furiosa divina figura paterna, a sua volta scesa sulla Terra per punire la bambina e ristabilire l’ordine.
Dio esiste e vive a Bruxelles – La recensione
Come nel caso del precedente Mr. Nobody, ma con modalità ed esiti del tutto differenti, anche per questo film Van Dornael conferma il ricorso ad una modalità espressiva e narrativa molto particolare e personale, seppur priva del labirintico sistema di “e se” che aveva caratterizzato le fondamenta della struttura del lungometraggio precedente.
In questo caso, il complesso sistema di sliding doors sembra disposto a fare un passo indietro per lasciare spazio a toni più lineari ma comunque estremamente lirici e poetici, mantenendo comunque una premessa “di favola” che unisce realtà e irrealtà, terreno e celeste. In questo modo, la figura divina e il suo ensemble familiare si tinge di toni molto umani, estremamente concreti, e di contro l’umanità sembra sublimarsi, elevarsi ad uno status di delicato idillio.
La trama di Dio esiste e vive a Bruxelles, già di per sé del tutto particolare, si sviluppa attraverso un campionato umano variegatissimo e tendenzialmente sopra le righe, ma che nella sua eterogeneità facilita enormemente una connessione di empatia con le più svariate fasce di pubblico.
Empatia che, a sua volta, sembra essere ulteriormente incrementata dalla portata universale dei temi trattati, da quelli più triviali e comuni ai più elevati: lo sgomento e la cieca paura di fronte al concetto di morte in primis, ma anche la ribellione all’ordine imposto, l’innamoramento in senso assoluto e nelle forme più svariate, l’insoddisfazione in relazione al proprio status ma anche la libertà che deriva dall’improvvisa scomparsa di un’idea di spaventoso ignoto in merito all’avvenire.
Dio esiste e vive a Bruxelles – Sceneggiatura e regia il punto di forza della pellicola
Questa sceneggiatura, già a suo modo personalissima e curiosamente al contempo estremamente universale, viene magistralmente arricchita da una regia altrettanto personale. Quest’ultima, con dettagli delicati e trovate significative, si rivela capace di aumentare esponenzialmente le potenzialità della trama stessa raggiungendo una forma espressiva che è frutto di un labor limae ingegnoso e acutamente studiato.
All’indubbio punto di forza costituito dal lavoro della macchina da presa si unisce quello di un minuzioso lavoro in fase di casting, effettuato in modo puntuale e preciso delineando un variegato cast di qualità, in cui interpreti estremamente noti vanno ad affiancare attori meno conosciuti dando vita ad uno sforzo congiunto ben amalgamato che permette di esplorare al meglio le potenzialità della narrazione.
A conti fatti, al di là di un tono lirico che a seconda dei gusti rischia di diventare vagamente eccessivo, l’unica parziale pecca di Dio esiste e vive a Bruxelles è da individuarsi nella sua inevitabile struttura in capitoli. Quest’ultima, per quanto evidentemente necessaria da un punto di vista testuale, di redazione dei singoli capitoli del Nuovo Nuovo Testamento di Ea, rischia di rallentare lievemente il ritmo della narrazione facendola procedere per tappe esplicite che scandiscono in modo molto (forse troppo) netto il minutaggio nella sua totalità.
Complessivamente, guardando Dio esiste e vive a Bruxelles lo spettatore si trova davanti ad un prodotto estremamente gradevole, del tutto peculiare e quasi privo di difetti oggettivi e insindacabili. Certamente, si tratta di un prodotto marcatamente personale e sui generis, e in quanto tale rischia di non incontrare i gusti del pubblico nella sua totalità. Ma, per lo stesso motivo, il film riesce in questo modo a fare proprio un marchio di fortissima autenticità manifestando una personalità che trasuda in ogni porzione della sua durata: quello che è proprio della firma di Jaco Van Dormael.