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Diabolik: recensione del film dei Manetti Bros.

Tratto dalla serie a fumetti creata dalle sorelle Giussani, Diabolik è il nuovo film dei Manetti Bros., che riporta sullo schermo il criminale più noto del fumetto italiano, già protagonista di una pellicola cult del 1968 diretta da Mario Bava.

Diabolik: trama

Il film racconta il primo incontro tra Diabolik ed Eva Kant. Quando quest’ultima, rimasta vedova, torna alla sua città natale Clerville portando con sé un prezioso diamante, finirà per incrociare la strada del genio del crimine Diabolik.

Diabolik

Diabolik: recensione

L’attesa nei confronti di questo film arrivava da un lato da coloro che avevano amato e amano il fumetto creato nel 1962 dalle sorelle Giussani; dall’altro lato il motivo di tale interesse era ciò che questo film avrebbe rappresentato, un’ulteriore tappa nella strada che negli ultimi anni il cinema italiano ha intrapreso per riappropriarsi del cinema di genere.

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Ci sono stati altri casi in questi ultimi anni di opere italiane tratte dai fumetti, si pensi a La profezia dell’armadillo di Emanuele Scaringi (tratto da Zerocalcare) o al più fortunato La terra dei figli di Claudio Cupellini (tratto da Gipi). Ma ci sono stati anche prodotti più sperimentali come 5 è il numero perfetto, tratto dall’omonimo fumetto di Igort, che ha anche diretto il film.

Diabolik, però, rappresentava un caso eccezionale, in quanto si tratta di uno dei fumetti italiani di maggior successo, un’opera generazionale che continua tuttora ad avere un buon seguito di appassionati.

Diabolik

I Manetti Bros., che già hanno incrociato il fumetto nella loro carriera – il loro primo lungometraggio è un omaggio, almeno nel titolo, alla serie a fumetti degli anni settanta Zora la vampira – decidono con Diabolik di intraprendere una trasposizione filologica dell’opera di partenza, trasportando direttamente sullo schermo quanto descritto sulle pagine delle sorelle Giussani.

Diabolik: le influenze

Da un lato, quindi, il film è ambientato negli anni ’60 e c’è una cura particolare nel ricreare l’atmosfera d’epoca, attraverso i costumi, le location e attraverso richiami più o meno espliciti al cinema di quegli anni: per tutto il film si respira Hitchcock, con evidenti ispirazioni a Caccia al ladro. Ma anche la colonna sonora di Pivio e Aldo De Scalzi si rifà, dietro richiesta dei Manetti, alle colonne sonore di Bernard Herrmann, storico collaboratore di Hitchcock.

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La storia del film, inoltre, che narra il primo incontro tra Diabolik ed Eva Kant, richiama fortemente La pantera rosa di Blake Edwards.

Se quindi da un lato Diabolik è fedele nel ricreare l’atmosfera degli anni sessanta, tanto da assumere l’aspetto di un film di quegli anni, allo stesso modo è fedele nel delineare i personaggi, attraverso il modo in cui parlano e attraverso la prossemica.

La recitazione è tutto fuorché naturalista, tutti i personaggi sono impostati, i loro dialoghi didascalici, così come lo sono i dialoghi del fumetto di partenza. In questo loro essere incredibilmente fedeli alla materia di partenza, però, i Manetti Bros. finiscono per non dare il giusto peso ad alcuni momenti, cadendo in un didascalismo che, per quanto in linea con la materia di base, finisce per non rendere giustizia ad alcune scene, soprattutto quelle che avrebbero richiesto un tono più realista.

Diabolik

Diabolik: cast

Tradire maggiormente il linguaggio del fumetto avrebbe forse giovato all’intera pellicola, considerando che i tre attori protagonisti riescono comunque a tenere alto il livello dell’opera. Luca Marinelli è lontano dallo Zingaro di Lo chiamavano Jeeg Robot, nei panni di Diabolik recita per sottrazione, incarnando la freddezza e il magnetismo del personaggio. Allo stesso modo Valerio Mastandrea, nei panni di Ginko, ricalca l’archetipo dell’investigatore che dalla letteratura dell’Ottocento ad oggi ha assunto molteplici declinazioni.

Ma la vera protagonista è Miriam Leone nei panni di Eva Kant, non solo perché è il personaggio più importante ai fini della risoluzione della vicenda, ma anche perché è la figura meglio approfondita, con l’evoluzione più definita, a cui ci affezioniamo di più e che rappresenta forse la parte migliore di questo film: una riflessione sulla parità di genere, inevitabile se pensiamo che lo stesso fumetto rappresentò già all’epoca della sua uscita una novità progressista per come veniva tratteggiato il rapporto tra i due protagonisti.

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Diabolik sequel

Al momento i Manetti Bros. sono impegnati nelle riprese di due sequel di Diabolik, che dovrebbero uscire nei prossimi anni. È forse questo il vero contributo di Diabolik al cinema italiano: già negli ultimi anni abbiamo assistito al tentativo di sviluppare dei franchise – si pensi a Smetto quando voglio –, in un’epoca in cui la fidelizzazione del pubblico ad un universo narrativo appare sempre più importante. E mentre ancora si aspetta che l’universo cinematografico annunciato dalla Sergio Bonelli Editore prenda forma, il progetto editoriale di Diabolik appare estremamente interessante.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Diabolik dei Manetti Bros. è un film estremamente fedele al fumetto delle sorelle Giussanni, sorretto dalle buone interpretazioni dei protagonisti, sopra a tutti Miriam Leone. Abbandonare il didascalismo di alcuni dialoghi e di alcuni momenti avrebbero però giovato all'intero progetto.
Roby Antonacci
Roby Antonacci
Giornalista per Vanity Fair, collaboratrice per Moviemag, scrivo da sempre di cinema con un occhio attento a quello d'autore, una forte passione per l'horror e il noir, senza disdegnare i blockbuster che meritano attenzione.

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