Non è un caso che ormai il pubblico ama rivedere in sala i grandi film del passato, specialmente se restaurati. Stiamo parlando di Cure, il capolavoro del J-horror di Kiyoshi Kurosawa, un caposaldo del genere uscito nel 1997. La pellicola torna in versione 4k dal prossimo 3 aprile nelle sale italiane, a distanza di quasi trent’anni da un film che ha fatto scuola.
Sono tanti i cineasti che si sono ispirati al lavoro di Kiyoshi Kurosawa (Pulse, Cloud, Chime, Serpent’s Path). A partire dallo stesso Martin Scorsese (è risaputo il suo amore per il cinema, specialmente per altri registi) che non si è di certo risparmiato sul cinema di Kurosawa: “È un vero maestro della luce, dell’inquadratura e del ritmo, e ha un controllo tale su tutti e tre questi elementi al punto che ci sono momenti nei suoi film in cui il minimo gesto nell’angolo dello schermo riesce a far venire i brividi”.
Cure, infatti, è uno di quei film che ha segnato la storia del cinema, capace di suscitare al contempo tante emozioni diverse, dalla paura, sgomento, inquietudine. Togliendo ogni respiro alle spettatore che non è per niente aiutato nella narrazione, bensì deve aderire il suo sguardo a quello dell’investigatore Takabe Kenichi, incaricato di indagare su una serie di omicidi apparentemente senza nesso logico. Una storia che colpisce per la sua profonda interiorità e ricerca di consapevolezza.
Cure – La trama
Tokyo è sconvolta da una serie di omicidi accomunati da una misteriosa incisione a forma di X sul corpo delle vittime. Tutti gli omicidi hanno queste caratteristiche in comune: ovvero un assassini in stato confusionale, nessun movente e il taglio a X. Il detective Ken’ichi Takabe, che ha assunto il compito di indagare su quest’incomprensibile serie di delitti, giunge alla conclusione, desunta grazie alla collaborazione dello psicologo Shin Sakuma, che gli assassini hanno agito sotto stato d’ipnosi.
Seguono, poco tempo dopo, altri due omicidi; gli assassini sono, come per i casi precedenti, persone vicine alla vittima, il marito in un caso e un collega agente di polizia nel secondo. Lo schema si ripete: ogni volta il colpevole viene trovato vicino alla vittima e sostiene di non aver avuto il controllo sulle sue azioni. Takabe, con l’unico elemento in suo possesso (uno sconosciuto che ha avuto un breve contatto con vittime e assassini) decide di indagare a fondo per fare finalmente luce sul caso.