Come un tuono (titolo originale: The Place Beyond the Pines) si nasconde sornione tra le proposte streaming di varie piattaforme. Esce fuori quando meno te lo aspetti e delizia anche i palati più fini. Un film da recuperare, da assaporare amabilmente e che, a ben vedere, impone anche una riflessione non da poco.
Come un tuono risale al 2012 e prende il nome dalla definizione in lingua Mohawk della città di Schenectady (dove, tra l’altro, sono ambientate le vicende): il sito era infatti appellato dagli indigeni come “il posto al di là dei pini”. Una città nascosta, della quale non si parla molto ma che, come ogni posto al mondo, ha i suoi abitanti e le sue storie.
Per descrivere l’opera occorre quindi partire da questo dato: si tratta, così come la città stessa, di un film isolato, poco roboante ma che cela delle sopresi notevoli per chi ha occhi per vedere. Nasconde una sensibilità fuori dal comune e propone una storia, a dir la verità, molto originale.
Nato dall’estro di Derek Cianfrance, Come un tuono era in progetto da diversi anni. Fu scritta una sceneggiatura molto corposa che poi è stata ridotta all’osso per esigenze sceniche (non contenutistiche). Il regista, mosso anche dall’emotività derivante dalla nascita del suo primogenito, ha voluto proporre un contenuto minimale; doveva quindi avere pochi fronzoli per puntare sui sentimenti. E ci è riuscito eccome.
Il film si basa su un’opera scritta di Jack London e per metterlo in piedi, il regista è partito subito dalla scelta degli attori (i veri mattatori della situazione). Il primo ad entrare nel cast è stato Ryan Gosling e, a seguire, Bradley Cooper, Eva Mendes e Mahershala Ali. Tutte figure che hanno poco a che vedere con l’overacting e che non hanno bisogno di strafare: la loro presenza scenica garantisce un risultato massimo con lo sforzo meno poderoso (basta la fisionomia dei protagonisti per capire quanto Come un tuono sia sorprendente).
Come un Tuono – Una storia di rassegnazione
Come un Tuono, a discapito dell’etimologia del titolo,parte in media res con la città di Schenectady subito sullo sfondo. Il regista cerca di far percepire quanto ogni uomo non è di fatto un’isola e come le sue scelte possano poi essere influenzate dal contesto in cui si trova. Ecco il motivo per cui ognuno dei personaggi coinvolti dovrà fare i conti con la società locale di riferimento ed ecco perché il film mantiene un registro quasi antologico (concentrandosi a momenti alterni una volta su un personaggio, una volta sull’altro).
È il caso di Luke Glanton, al quale è dedicato il primo quarto di film. È un motociclista spericolato che lavora in un parco divertimenti come stuntman e che racimola pochi soldi alla volta. Riceve una visita inaspettata: la sua ex fidanzata Romina lo mette al corrente della nascita di suo figlio che, tuttavia, non sarà affidato alle sue cure.
Luke lascia il lavoro, si trasferisce in centro città per stare caparbiamente attaccato a quella cosa più vicina a una famiglia che abbia mai avuto ma la sua ex compagna è risoluta nel non volerlo coinvolgere: ha un altro partner (Kofi) il quale si rivela essere molto affidabile e premuroso.
Luke non ci sta e, sebbene provi all’inizio a redimersi trovando un lavoro presso un’autofficina, ricasca nelle sue debolezze e inizia a rapinare banche per alzare più soldi e fare colpo su Romina stessa. Grazie anche alla sua abilità da centauro, farà diversi colpi fino a che il destino non gli servirà su un piatto ghiacciato il conto da pagare.
Durante una delle tante fughe incontra Avery Cross, un giovane agente di polizia, che lo insegue e lo uccide a seguito di un conflitto a fuoco non propriamente corretto. Asserragliato dentro a una casa, Luke attende l’arrivo del poliziotto con cautela ma senza di fatto sparare. Entrato nella stanza dove si nascondeva, Cross fa fuoco appena lo vede e lo fredda sul colpo facendolo cadere dalla finestra.
Come un tuono si sposta a questo punto sulla vita dell’agente che, dopo duri mesi di riabilitazione per lo scambio di pallottole, riesce a farla franca grazie a una serie di inconvenienti che andranno tutti a suo favore.
Scoprendo un giro di corruzione all’interno della caserma dove prestava servizio, viene ulteriormente ingigantita la sua immagine di eroe americano di tutti i giorni. A sua volta, intimando al suo superiore di promuoverlo (pena la vendita del materiale raccolto sui giornali) diventerà procuratore distrettuale e la sua scalata al Congresso americano sarà solo una logica conseguenza di ciò.
Molto segnante la terza e ultima parte del film che si concentra sulle vite dei rispettivi figli di Glanton (Dane DeHaan di Chronicle) e Cross: i giovani vivono delle vite perfettamente in linea con gli errori che hanno commesso i genitori. Il figlio di Glanton ha una buona famiglia (complice anche la disponibilità di Kofi) ma vive da emarginato insoddisfatto.
Al contrario, il figlio di Cross ha tutto quello che si possa desiderare a diciotto anni e tra un acquisto di dosi di droga e un party estremo, riesce a farsi conoscere nell’istituto scolastico, arrivando al figlio di Glanton stesso.
La loro amicizia prenderà una piega inaspettata e segnerà l’irreversibilità del destino. Per capire come va a finire si consiglia spassionatamente la visione di Come un tuono.
L’irreversibilità del destino
Come un tuono non si può dire che sia un film triste ma sicuramente è un’opera piuttosto malinconica. Lo dicono le musiche, lo dice il viso degli attori (consumati dalla vita o quanto meno segnati dalle loro esperienze) ma soprattutto lo dice il regista.
Il destino non è qualcosa che si può evitare: si cerca in tutti i modi di cambiare il corso dello stesso ma si finisce sempre e comunque per rispettare le sue dinamiche. L’omaggio più diretto che Cianfrance fa al destino è la miriade di sequenze lente e progressive che regala.
Glanton, ad esempio, non può scappare da chi è veramente, non può impressionare Romina e il resto del mondo; quindi, le immagini che lo contornano sono calme, quasi a voler dare un senso di rassegnazione. Ha voluto modificare la sua sfera individuale ma ha ceduto alla fine alla sua vera natura di uomo inquieto.
Cross sembra aver dato una svolta alla sua vita ma anche qui è il destino ad aver tessuto le sue trame. La scalata verso la gloria e il congresso sono anche dovute al caso. Non si tratta di impegno o onore ma di corruzione di natura sistemica.
Pertanto, anche Cross ha avuto a che fare con il grande disegno degli eventi che, tuttavia, sono stati benevoli per lui. Dietro questa dicotomia ci si può vedere una critica velata all’America, un luogo dove ormai gli ascensori sociali non funzionano e chi ance povero, è destinato alla miseria mentre chi invece si trova in ambienti agiati può avere il vento in poppa anche per tutta la vita (che sia giusto o sbagliato quello che si fa).
Non sono quindi le scelte a definire chi siamo ma il retaggio: non si può redimere un passato difficile, così come non si può smascherare chi ha sempre agito nell’ombra. Che le azioni di un individuo siano volte al bene o al male, chi siamo ci definisce. La struttura contenutistica di Come un tuono pone davanti al fatto compiuto di quanto bene e male si confondano e di come ci sia una macro-trama che ognuno di noi cerca di sovvertire ma che è quasi impossibile da surclassare.