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Chiamami col tuo nome

Tra i film più belli prodotti in Italia negli ultimi dieci anni, Chiamami col tuo nome è un’intensa storia d’amore che risulta romantica senza essere sentimentalista. Al timone di questo gioiellino troviamo Luca Guadagnino, regista eclettico che dopo una serie di film più di nicchia, negli ultimi due anni ha fatto il salto di qualità, con Chiamami col tuo nome e con la sua versione del classico horror Suspiria.

Chiamami col tuo nome

Il film però presenta un altro nome notevole, ovvero James Ivory, che ritorna qui sugli schermi in veste di sceneggiatore. Grande regista di film in costume, spesso adattamenti da romanzi, gli si può riconoscere qui la volontà di ricordare (e in qualche modo riscattare) Maurice, film di esattamente 40 anni prima che narrava i turbamenti di un giovane collegiale inglese alla scoperta della sua sessualità. Film che fece scandalo per le scene di sesso e per l’argomento ancora tabù (l’omosessualità era stata depenalizzata in Inghilterra solo vent’anni prima, nel 1967), Maurice è rimasto, fino al 2017, l’unico film a tema LGBT del regista. Questo fino a Chiamami col tuo nome, quando appunto decide di adattare, in modo piuttosto fedele, il romanzo omonimo di Andrè Aciman.

La trama è piuttosto semplice. Elio (interpretato da un bravissimo Timotheè Chalamet), è un diciassettenne poliglotto figlio di un professore universitario americano e di madre francese. La famiglia passa tutti gli anni le vacanze estive in una villa nel nord d’Italia, dove il padre, professore di archeologia, ospita ogni estate un dottorando. Quell’anno, lo studente è Oliver (Armie Hammer), ventiquattrenne bello, acuto, amabile. Lui ed Elio fin dall’inizio si stuzzicano, si provocano e si ingelosiscono a vicenda, in una mutua scoperta e accettazione dei propri sentimenti. 

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Chiamami col tuo nome

Il film è un classico racconto coming of age. Quello che lo differenzia da altre storie d’amore giovanile è sicuramente la sceneggiatura (non originale), che non a caso ha vinto l’Oscar. Il film infatti si caratterizza per una narrazione snella e immediata. Non ci sono conflitti esterni, non ci sono drammatizzazioni enfatiche o grandi tragedie. È un film sì drammatico, ma asciutto e che trasuda verità e freschezza, nonostante un intreccio finemente cesellato. Indubbiamente, Ivory è stato bravo a rendere la spontaneità della scrittura di Aciman, che non segue una vera trama ma svolazza con grazia da un’immagine all’altra. Noi spettatori ci sentiamo quasi delle mosche che osservano la vita di due veri Elio e Oliver in carne ed ossa. Tutto, fin dai manierismi dei gesti, ai dialoghi, alle situazioni, è di un realismo impressionante, che annulla la distanza dello schermo tra noi e i personaggi.

Chiamami col tuo nome

Infatti, tutto il film vuole portarci a stare: nella storia, nella situazione, nelle emozioni. Questo tema è particolarmente esemplificato in due dei momenti più iconici. Prima di tutto, il monologo che il padre fa ad Elio, a cui suggerisce di vivere tutto, anche il suo dolore, in modo da non avere mai rimpianti. Elio prende seriamente il consiglio del padre e nel finale assistiamo a un bivio, non solo fisico ma anche emotivo, tra lui e Oliver. Oliver decide di accantonare i suoi sentimenti e sceglie la sua vita precedente, in America. Elio invece decide di fermarsi e guardare in faccia tutto il dolore che prova: mentre scorrono i titoli di coda, Elio ci fissa e non si scosta da lì, esattamente come la macchina è fissa su di Elio, obbligando anche noi a fissarlo, e a stare nel nostro dolore.

Chiamami col tuo nome

Il film si presenta più delicato e naturalista del libro. Tuttavia, ha in comune con il libro il filo rosso che viene richiamato fin dal titolo: l’importanza del nome, soprattutto della sua origine (c’è una scena in cui il padre e Oliver fanno una battaglia a colpi di etimologia). Infatti, Elio riesce a dare il nome a quasi tutto: Oliver a un certo punto gli chiede «c’è qualcosa che non sai?», e lui risponde che non sa niente di ciò che conta. L’unica cosa a cui non sa dare un nome è infatti sé stesso, la sua identità. Per questo, il nome di Oliver diventerà il suo, e il suo quello di Oliver. Il film riflette appunto sull’identità di due nomi, che infine si evolve in identità dei sentimenti. I due amanti finiscono quindi per condividere tutto loro stessi e dichiarano la volontà di dissolversi l’uno nell’altro, esemplificata nella scena della pesca, che nel film è tagliata rispetto al libro.

Chiamami col tuo nome

Film diventato già iconico in tutto il mondo, è una bellissima e poetica storia di realizzazione e di relazione, che per di più presenta un’Italia fotografata come si merita, due attori principali che trainano il film, specialmente Chalamet, non a caso nominato all’Oscar, e una colonna sonora molto suggestiva di Sufjan Stevens (anche lui candidato).

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Il 28 ottobre è uscito nelle librerie Cercami, il seguito del romanzo che è già stato annunciato sarà anche questo portato sullo schermo.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
performance
emozioni

SOMMARIO

Una storia d'amore delicata e senza fronzoli, ambientata in un'Italia del Nord idilliaca e nostalgica.
Marianna Cortese
Marianna Cortese
Attualmente laureanda in Lettere Moderne, ho sempre avuto un appetito eclettico nei confronti del cinema, fin da quando da bambina divoravo il Dizionario del Mereghetti. Da allora ho voluto combinare cinema e scrittura nei modi più diversi e ho trangugiato di tutto: da Kim Ki-Duk a Noah Baumbach, da Pedro Almodovar a Alberto Lattuada. E non sono ancora sazia.

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