Caro diario è uno dei più celebri film di Nanni Moretti, uscito nelle sale 30 anni fa, nel 1993 appunto, è una commedia drammatica poetica ed intima, ricca di frasi divenute cult e immagini indimenticabili.
Primo film in cui Nanni Moretti interpreta se stesso è inevitabilmente il suo primo 8 ½, il secondo sarà invece Il sol dell’avvenire, da poco distribuito ed in concorso al prossimo Festival di Cannes.
Pur conservando un certo carattere morale, Caro diario non ha la connotazione politica di molti altri film del regista, ma racconta la vita di un autore/ osservatore: risulta per questo il suo film più sincero e di conseguenza più amato dal pubblico, che non può far altro che ritrovarsi.
Con un umorismo a tratti alleniano ed un girovagare degno de La dolce vita, Moretti realizza la pellicola simbolo della sua carriera, agrodolce, profonda ed estremamente bella da guardare.
Caro diario: trama
Il film si divide in tre diversi capitoli: In Vespa, Isole e Medici.
Il titolo fa riferimento al diario che Moretti scrive durante tutta la pellicola, le parole vengono “lette” allo spettatore durante la stessa stesura: è un vero e proprio monologo, o forse un flusso di coscienza. Ciò che è certo è che lo spettatore entra nella mente di Moretti, che a sua volta sviscera i temi affrontati, parlando di cinema (ovviamente), dei ricordi, del dolore, del viaggio: in poche parole dell’essere umani.
Nella prima parte il regista percorre le vie deserte di Roma in Vespa, spesso ripreso di spalle in uno dei fotogrammi simbolo del cinema italiano anni ’90. Passando dalla Garbatella a Spinaceto, “intervistando” di tanto in tanto dei passanti, il protagonista approda al termine del viaggio ad Ostia, dinnanzi al monumento commemorativo in onore di Pier Paolo Pasolini.
In Isole il protagonista si reca alle Eolie, in cerca di tranquillità per la stesura della sceneggiatura del nuovo film. In compagnia dell’amico intellettuale Gerardo (Renato Carpentieri), si passa da un’isola dell’arcipelago all’altra, talvolta soffermandosi (come nel caso di Salina o Alicudi) o fuggendo via immediatamente (Panarea). È l’episodio più sarcastico: “ridentem dicere verum”, se è vero che la verità si può dire ridendo Moretti ne realizza la dimostrazione su pellicola.
Il terzo capitolo, uno spaccato di vita reale
Medici racconta un episodio reale della vita di Moretti, malato di un prurito di cui non si conosce la causa che si rivelerà poi essere sintomo di un linfoma. Un’odissea tra medici vari e diversi (ed inutili) farmaci, probabilmente una critica al panorama sanitario: è purtroppo una situazione che talvolta ci si trova a vivere e dunque ci si ritrova drammaticamente nel film.
Non manca anche in questa finestra dai toni decisamente più scuri l’acuta ironia del regista, che termina il film con lo sguardo fisso in camera, sorseggiando un bicchiere d’acqua a stomaco vuoto e pronunciando l’indimenticabile frase “la mattina prima della colazione fa bene bere un bicchier d’acqua”.
Recensione- la poesia vitale che si fa cinema
Caro diario è un ottimo film per le ragioni precedentemente espresse, tra cui spicca senza ombra di dubbio questa peculiare sincerità di cui tutto il film è permeato.
È in fondo un breve spaccato della vita, fatta di gioie di dolori, momenti di spensieratezza come un giro in Vespa tra le strade della Città Eterna e giornate interminabili a causa della frustrazione per una mancata o errata diagnosi medica.
Caro diario è un viaggio, come un viaggio è la vita: “sono felice solo in mare, nel tragitto tra un’isola che ho appena lasciato ed un’altra che devo ancora raggiungere”.
Moretti forse racconta della felicità come vetta irraggiungibile, a cui però ci si avvicina solo in certi brevi momenti: il viaggio in Vespa con in sottofondo The Köln Concert di Keith Jarrett è la poesia della vita che diventa cinema.
Stesso discorso vale per la scena in cui il protagonista alle Eolie, da solo in un campo di calcio, gioca a pallone sull’asfalto scuro – scena citata nell’ultima fatica del regista romano- accanto al mare di mezza stagione.
Le citazioni e gli omaggi
Come espresso fin dall’inizio di questa recensione, Nanni Moretti con Caro diario affronta la tematica metacinematografica di 8 ½ di Fellini, la stessa di Effetto Notte di François Truffaut. Il film riprende, soprattutto nella prima parte, la struttura de La dolce vita, in cui il protagonista, vicino o addirittura interno al mondo dell’industria cinematografica, si muove in una Roma da un lato deserta ed assolata, dall’altro “barocca” nella sua umanità e notturna, scrutando la vita come in un sala, di fronte al grande schermo. Inoltre, nella settima arte, la presenza di una Vespa a Roma richiama subito alla memoria Vacanze Romane con Gregory Peck ed Audrey Hepburn. Nel film del 1993 il mezzo utilizzato era di effettiva proprietà del regista.
Moretti in In Vespa vuole ballare: ricerca disperatamente questa possibilità, ha questo desiderio poiché in lui vi è una mancanza (il non saper danzare appunto). Solo ad un certo punto riesce nel suo intento, ovvero quando, in un bar dinnanzi ad un piccolo televisore che trasmette Anna di Lattuada, imita Silvana Mangano che balla El negro zumbón. Uno dei momenti più iconici del cinema tricolore, citato alcuni anni prima da Giuseppe Tornatore in Nuovo Cinema Paradiso. Il cinema permette di realizzare i propri sogni.
Ma quando si scava in fondo alle cose non basta neppure il cinema a raggiungere non la felicità, bensì la serenità: quando è l’anima a spingere all’azione serve più della citazione, più di un omaggio mimetico.
Si arriva così all’ultima scena del primo episodio, sulle note di Jarrett appunto: in questo esplicito omaggio a Pasolini, nel percorso preliminare, è il jazz a fare da padrone, perché è una musica libera. Libera come lo era Pasolini, come lo è Moretti in quest’incessante ricerca di un cinema indipendente, lontano dai paletti imposti dal marketing e dalla società.
Caro diario: un sottile ed ironico pessimismo
È evidente che il regista abbia uno sguardo pessimistico nei riguardi della massa: più volte nel film viene espressa una sorta di “poetica del noi e loro”, per citare i Pink Floyd “Us and Them”.
Moretti personifica questo suo sguardo di sfiducia nel genere umano nell’ abitante di Alicudi, non è infatti un caso la scelta geografica di un’isola, già distante e divisa dal resto del territorio per definizione.
Alicudi è un po’ la trasposizione terrestre di ciò che è “l’uomo isola nell’isola” per Pirandello, e Nanni Moretti sposa questo concetto un po’ per un sentimento di solitudine che lo caratterizza nell’ambito professionale e forse anche umano, un po’ perché in questo sentimento c’è l’appiglio per lo spettatore desideroso di riconoscersi. C’è però un importante ragionamento di fondo: l’isola è un’entità da cui si fugge prima o poi.
Questo genere di poetica si avvicina molto a quella di Woody Allen, dove cinismo e romanticismo convivono in perfetta armonia: per Nanni Moretti, così come per l’autore newyorkese, “le parole sono importanti”, ma non bisogna pensare che i loro film siano semplicemente logorroici, in quanto si nasconde sempre una non così poi celata visione della vita.
Che si condivida o meno questa prospettiva è innegabile che Caro diario sia un film intelligente, in grado di emozionare e di mostrare il bello, quell’incanto che il cinema sa dare e che troppo spesso gran parte della gente ignora.