Tra autocelebrazione rinascita
Netflix ha segnato sul calendario un’altra data importante da tenere in considerazione: dal 24 novembre è ufficialmente disponibile sulla piattaforma Bruised; il nuovo film di Halle Berry (attrice protagonista e, per la prima volta, regista dell’opera stessa). A stuzzicare l’appetito dei cinefili è proprio quest’ultima novità in quanto la figura in questione porta dietro di sé tutta una serie di tematiche lavorative e strascichi sentimentali che ne fanno una delle star che destano più curiosità nell’intero panorama hollywoodiano. Le argomentazioni che si celano dietro al nuovo film sono quindi molteplici e, proprio per questo, occorre partire da una doverosa introduzione.
Halle Berry si presenta, ad oggi, come una delle figure attoriali più complesse da descrivere (in un’ottica marcatamente professionale). La sua carriera è costellata senza dubbio alcuno di enormi successi; basti pensare all’oscar per migliore attrice protagonista ricevuto nel 2002 per il graffiante Monster’s Ball che la fa diventare la prima donna di colore a vincere nella suddetta categoria (un innegabile motivo d’onore più che un semplice riconoscimento). Tuttavia, il suo curriculum parla anche di alcune battute d’arresto: in particolare è in relazione a lei che si è cominciato a parlare di una presunta “maledizione della statuetta” dato che, una volta insignita di tale premio, piuttosto che ricevere copioni di spessore ha dovuto barcamenarsi tra progetti deludenti e blockbusters disastrosi. A condire il tutto, una sfera sentimentale sempre traballante che parte dagli abusi subiti in famiglia e arriva al suo climax con il piglio incestuoso di David Justice e l’irascibilità (anche razzista) di Gabriel Aubrey. Ma, come se non fosse già abbastanza, c’è stato spazio negli anni anche per le sibilanti voci di corridoio che hanno indicato lei come presunta carnefice, etichettandola come una vera e propria “mangia-uomini”. Il progetto di Bruised non poteva partire che con delle difficoltà, acuitesi ulteriormente nel momento in cui sul set stesso si sono presentate ulteriori problematiche: tra tutte, quelle degne di nota sono un infortunio e i contrasti con alcune lottatrici partecipanti.
Bruised – La trama
Nonostante ciò, il film racconta proprio un percorso di rinascita; quello della lottatrice Jacki Justice (Halle Berry) la quale deve tornare in pista dopo un combattimento che la vede perdente ma per il quale era stata praticamente ingannata da colui che, nel film, è suo manager e compagno di vita. La protagonista deve affrontare anche la gestione di una “new entry”; il figlio dal quale si era allontanata e che aveva lasciato al padre (venuto a mancare all’improvviso). Questo brusco inserimento diventerà tuttavia una wake up call che comporterà una svolta improvvisa (ma al contempo naturale) nella vita dell’atleta. Tra incontri di rodaggio e relazioni curative (di cui, su tutte, è da segnalare quella con la sua nuova allenatrice che quasi sfocia in una liaison amorosa) Jacki si rimette in carreggiata e riscatta la sua esistenza insicura, apatica e distruttiva. Simbolo assoluto del decadimento emotivo a cui si assiste è l’inserimento di alcolici nel contenitore spray di un prodotto sgrassante per superfici, neanche troppo gelosamente custodito nell’armadietto sotto il lavandino.
Bruised – La recensione
In fatto di trama Bruised ricalca, con coerenza narrativa quasi da manuale, un tipico film sportivo di lotta dove l’epopea del protagonista è interamente dedicata alla riscoperta del proprio io e della volatile fiducia in sé stesso. Volendo scomodare per l’occasione alcune pietre miliari del genere potremmo citare Million Dollar Baby, Rocky ma anche i poco pretenziosi Southpaw e Bleed. Pur avendo una cifra drammatica più piatta, un susseguirsi di eventi privo di soprese o colpi di scena, è questo l’ambito artistico all’interno del quale Bruised si muove. Complice una regia alle prime armi non vengono raggiunti picchi emotivi esaltanti e l’avvicinamento al finale lascia intendere prevedibilità e scontatezza. Tuttavia, come detto in precedenza, questa è una storia di rinascita e va vista con gli stessi occhi di Halle Berry: in questo, dire che l’attrice protagonista sia affidabile è sminuire la sua bravura. Una delle sue doti maggiori è quella di mettere in campo una versatilità indiscutibile, diciamo anche fuori dal comune. Che si trovi a dover interpretare una donna pazza o all’opposto una super-eroina empatica e pronta al dialogo, la Berry appare credibile in ogni performance e va quasi a difendere con audacia la famosa statuetta ricevuta un ventennio fa. Il punto della questione è che quindi l’attrice stessa sembra inserirsi in un contesto filmico all’interno del quale interpreti e addetti ai lavori non hanno la sua stessa caratura. Si faceva riferimento ai lavori poco esaltanti che le sono stati proposti negli anni e, per quanto concerne la sceneggiatura, non possiamo dire che la situazione si sia drasticamente capovolta. Non si può nemmeno non notare come la sua presenza scenica funga effettivamente da collante per tutti quei passaggi la cui capacità di intrattenere viene talvolta meno o per i personaggi stereotipati che la affiancano.
Una fase di ripresa artistica, dunque, un grido di presenza che se dovesse tramutarsi nell’inizio di un vero e proprio viaggio, non può che far piacere a tutto l’ecosistema cinefilo. Non vi è certezza sulle sue prossime mosse ma si può considerare Bruised come un prodotto apprezzabile con alcune criticità e un avvicendamento narrativo spesso statico ma che può essere visto anche come un rispettabile lavoro autocelebrativo.