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Bianca: la commedia dolceamara di Nanni Moretti

Bianca (1984) è una delle opere più rappresentative del cinema di Nanni Moretti. Scritto insieme Sandro Petraglia, con l’immancabile Laura Morante (Bianca), Remo Remotti, Roberto Vezzosi e Vincenzo Salemme. Bianca ci mostra un’altra declinazione di Michele Apicella, seguendo le intricate e bizzarre vicende della sua vita. A metà strada tra la commedia surreale e il dramma psicologico, Bianca è un’operazione nichilista e ironica contro gli schemi, i valori e i finti moralismi che muovono l’uomo e che lo allontanano dal vivere veramente, intrappolandolo in una solitudine asettica.

Bianca

Bianca – La Trama

La storia segue la vita di Michele Apicella, già protagonista dei suoi primi lungometraggi. Dopo il giovane disoccupato di Io sono un autarchico (1976), lo studente universitario fuori corso di Ecce Bombo (1978) e il regista di Sogni d’oro (1981), Apicella è qui insegnante di matematica alla scuola Marylin Monroe. Talmente spaventato dalla vita, fugge costantemente dai rapporti umani, schiavo delle sue nevrosi e delle sue manie. Passa il suo tempo libero a spiare amici e vicini di casa, molti di loro presenti nel suo schedario personale, intrufolandosi così nelle loro vite sentimentali. Un giorno Aurora, una ragazza che abita nel palazzo di fronte, viene trovata senza vita.

Nel frattempo Michele viene completamente rapito da Bianca (Laura Morante), nuova e affascinante collega con la quale inizia un corteggiamento giocoso. Se per gran parte del film Michele sembra perdutamente innamorato di lei, pian piano, sentendosi fragile e vulnerabile, i sentimenti per la donna iniziano a spaventarlo. Poco dopo viene assassinata una coppia di suoi amici. Apparentemente gli omicidi sembrano essere collegati a Michele, portando il commissario (Roberto Vezzosi) a sospettare di lui. Così il mistero si infittisce.

Bianca – La Recensione

Bianca segna il ritorno di Michele Apicella, lo storico alter ego del regista, come lo era Antoine Doinel per Truffaut e Mastroianni per il cinema di Fellini. Con la differenza che è sempre Moretti che lo incarna e lo trasforma dandogli nuova vita in ogni film. Un uomo solo, cinico e vigliacco che preferisce essere spettatore delle vite altrui piuttosto che vivere la propria. Un voyeur, che strizza l’occhio a quello hitchcockiano di James Stewart in La finestra sul cortile, dove il suo sguardo, come quello dello spettatore, coincide con la macchina da presa. Voyeurismo espresso anche dal ricorrente topos della finestra. Da quella di casa da cui spia i vicini a quella del commissariato da cui si ferma ad osservare le scarpe dei passanti.

Apicella veste i panni di una sentinella degli innamorati, a partire dai fidanzati in crisi davanti casa sua fino ai due studenti della sua classe. Le coppie intorno a lui sembrano sfaldarsi, ma Michele non si arrende. Tenta di salvarli, concedergli la felicità, a tratti riuscendoci ma quando si tratta di lui e della sua relazione con Bianca ne diventa improvvisamente incapace. La dolcezza della donna contrasta  l’austerità e la rigidità di Michele, scalfendo la sua maschera grottesca che lo ha sempre protetto e distanziato dalla realtà. Moretti dà vita a un divertente quanto esasperato puzzle di scenette tragicomiche che riprendono molti cliché delle nostre vite. Come la scena in cui il protagonista affoga tutta la sua solitudine in un enorme barattolo di Nutella, parallelo della prima canna della sua vita in Aprile. Nonché la scena in cui sfoga tutta la sua frustrazione sulla Sacher.

Non ha mai assaggiato la Sacher Torte? Vabbè, continuiamo cosi…Facciamoci del male.”

(battuta iconica, già accennata in Sogni d’oro che darà il nome alla sua casa di produzione.) Qui Moretti nasconde tutta la noia e la tristezza del suo alter ego in una dinamica composizione dal look comico. E’ l’umorismo nero, la firma inconfondibile del regista, che sa prendersi e prenderci in giro, pur lasciandoci con l’amaro in bocca. Non solo i comportamenti ma anche l’ambientazione risulta paradossale. A partire dalla scuola con i suoi insegnanti stravaganti e incompetenti e i metodi di insegnamento bizzarri e improduttivi: tutto in Bianca tende al surreale. Un’attenzione particolare non solo nella messa in scena ma anche nelle scelte musicali, che accompagnano perfettamente l’umore oscillante del film, tra la commedia e il dramma.

Un’opera che, nonostante il suo tono spesso leggero, affronta temi esistenziali. La solitudine lampante nella scena del laghetto a Villa Borghese e in quella in spiaggia tra le coppie di innamorati, sotto le note di Scalo a Grado di Franco Battiato. Si spalanca poi il tema dell’incomunicabilità. Infatti Michele, dopo aver conquistato Bianca, non più solo, viene sopraffatto dalla paura di lasciarsi andare, di stringere un legame più intimo con la donna. I due si amano, ma i calcoli, il perfezionismo e le manie di controllo di Apicella finiscono per rovinare la relazione e la sua accennata felicità.

L’ossessione per il controllo incontra il caos delle emozioni

Entra in crisi anche quando i suoi amici, vicini al divorzio, si rimettono insieme ma poi li trova a cenare insieme ai rispettivi ex amanti. Proprio a questo punto il film si tinge di giallo. Dopo un interrogatorio confuso, a tratti delirante Michele rivela di essere lui l’assassino. Una vera confessione o l’ennesimo tentativo di autosabotaggio? E così come nel suo stato iniziale, dove la solitudine era più una patologia autoindotta, torna ad essere solo, ma questa volta in una condizione irreversibile.

Bianca è un ritratto nitido e toccante di un uomo schiavo dei valori e dei cliché della sua epoca (l’Italia degli anni ’80) e in continua lotta con se stesso e con il mondo circostante. Talmente intrappolato in questa gabbia dorata che si è autocostruito da scappare e sopprimere ogni suo desiderio, ogni sua fantasia. Un’opera personale quanto universale che porta a riflettere sulla natura umana e sulle sue imperfezioni.

Bianca – Il Trailer


PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Non una storia d’amore ma il ritratto di uomo schiavo dei valori e dei cliché in voga nell'Italia degli anni '80. Con Bianca, Nanni Moretti ritrae, in modo ironico e grottesco, la condizione di un uomo che non riesce a esprimere se stesso, ma si rifugia, per paura o superficialità, nella vita che si è disegnato. Un film che invita lo spettatore a mettersi in discussione e liberarsi da inutili schemi e falsi moralismi che non ci permettono di vivere veramente.
Valeria Furlan
Valeria Furlan
Sognatrice per professione, narratrice nel tempo libero, vivo di cinema, scrittura e tè alla pesca. Completamente persa in Antonioni e nell'estetica della Nouvelle Vague, vorrei vivere in un film di Wong Kar Wai e non rifiuto mai un bel noir

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