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Bellas Artes – Il backstage di un manager museale diventa irriverente serie tv

Presentato in anteprima nella sezione Freestyle della 19.Festa del Cinema di Roma, Bellas Artes è una serie spagnola comica arguta ed irriverente che traccia satiricamente le coordinate del mondo dei musei e dell’arte contemporanea in generale.

Il simulacro intoccabile dell’artista e del potremmo chiamarlo “gestore” dell’artista viene qui messo a nudo in tutte le sue tragicomiche fragilità, nelle sue contraddizioni, ossessioni e presunzioni, vizi e virtù di un mondo il cui backstage non è così lirico come crediamo né, sempre, così ispirato come appare.

Bellas Artes, attraverso i suoi episodi brevi da trenta minuti, dipinge schizzi di normale, quasi prosaica prassi amministrativa e giochi di potere che si celano dietro mostre, vernissage, prime opere, residenze artistiche, ingressi speciali, all’interno di un importante museo cittadino.

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Bellas Artes – Trama

Seguiamo lo sguardo ironico e un po’ provocatorio dei registi Mariano Cohn e Gaston Duprat (che del mondo della rappresentazione ad arte del reale, sia in una galleria, sia su un palco, sia dentro un set, hanno già avuto da dire con i loro precedenti lavori come Finale a sorpresa 2022 e Il cittadino illustre 2016), all’interno delle vicende di Antonio Dumas (Oscar Martinez), neo eletto direttore di un grande museo a Madrid.

Lui, bianco, etero, più anziano che giovane, dunque facente parte suo malgrado di una maggioranza socialmente e storicamente privilegiata, per sua stessa ammissione, vince il prestigioso (su carta) posto a dispetto di due candidate donne, giovani, inclusive, una bianca, una nera. Perchè? Perchè no, verrebbe da dire, ed è suo malgrado costretto ad accettare l’incarico.

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Bellas Artes 2

Dumas è un uomo non particolarmente empatico, concreto quasi oltre la civiltà, cinicamente cementato, abbastanza maschio da fare occhi dolci alle giovani artiste avvenenti, anche se e specie se incapaci, abbastanza presuntuoso da separare il bianco dal nero nettamente, a dispetto degli afflati artistici con cui ha a che fare ogni giorno.

Uomo dedicatissimo al proprio lavoro, forse perché seriamente connesso ad un ruolo che per anni, altrove, ma sempre allo stesso modo, ha condotto con successo, forse perché così ha una scusa per mancare ogni appuntamento di famiglia. Da quest’ultima si sente sempre incatenato, pur avendoci a che fare pochissimo.

La molta miseria e la poca nobiltà dell’arte contemporanea museale

Dumas è un diavolo con occhiali, non troppo snob, che si barcamena suo malgrado tra le manie di pittori raccomandati, le inesperienze delle giovani leve, le mode che schiavizzano i nuovi arrivati, le istanze trendy del momento, femminismo e crisi climatica in primis, invischiato mai sua sponte tra drammi personali e drammi inventati dagli “unti dalle muse”, in un avvicendarsi di paradossi tra il vero ed il ridicolo che spesso si confondono dietro discutibili capolavori.

Bellas Artes 3

Bellas Artes – Recensione

In questa bolgia infernale non puè mancare, ovviamente, l’altalenante, ingrato ed asfissiante compromesso con l’autorità politica.

Un girone infernale che fa dimensione a sé, che a tutto assomiglia ma non ad un moto d’anima, che poco ha di poetico e molto di manipolatorio, per svelare quanto l’autentico nell’arte è comunque, anche in questo caso, frutto laboratoriale, risultato di un’architettura maldestra e a volte non proprio invisibile, che traccia confini, profili e panorami, a prescindere.

Così il disastro diventa splendore, l’impreparazione qualità, la mancanza di senso un punto di vista, il pedissequo, sfida al futuro.

Bellas Artes 4

Backstage del quotidiano di un manager artistico

Al contrario chiara appare una ramanzina scanzonata a chi dell’arte capisce poco o nulla, che pretende di fare selezioni, scegliere chi dentro e chi fuori, definire i programmi di esposizione, promuovere lavori emergenti, ma che avremmo volentieri trascurato di osservare, creando profondo danno d’immagine all’arte.

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Il rischio mai sventato è sempre lo stesso: riproporre ciò che la testa vorrebbe essere e non è, un qualcosa di sensato, puntuale, lungimirante, onnicomprensivo, finendo poi per avere un risultato sofisticato, astruso e buonista di ritorno. Lavori che nel migliore dei casi non spostano nulla, nel peggiore annoiano e allontanano dall’arte.

Il radical chic artistico, inattaccabile passaporto per chi frequenta l’ambiente e ancor più requisito obbligatorio per chi quell’ambiente lo forma.

Ma Dumas, demiurgo ed organizzatore, sembra nel suo essere di burbero convinto, un baluardo di sensatezza nel mondo ubriacato di sé e di problemi irricevibili o non urgenti che lo circondano. Al suo passo paiono man mano adeguarsi i suoi collaboratori, figli di un tempo stupido e dalle corte vedute, muta di cani che pian piano da segugi affinano un fiuto personale.

Dumas baluardo antico contro la stupida deriva iper-correct contemporanea

Bellas Artes a volte ricorda un Boris nostrano, ma dietro le sale espositive museali, tra pannello e statue ricostruite, tra quadri tolti e poi rimessi, pasticci illeggibili e istallazioni di cui non si sente o non si capisce la necessità. In mezzo a questo resta l’abitudine ad aver visto, sentito e letto di tutto, che Dumas sfodera pacatamente, affrontando piedi a terra e sopracciglia mobili i frequenti impasse che gli tempestano le infinite giornate. Mandare avanti un museo di un certo prestigio può richiedere una capacità diplomatica e politica non inferiore a quella necessaria ad un livello istituzionale dedicato.

Con brillantezza ed essenzialità Bellas Artes “fumettizza” il mondo prescelto, uno spazio in cui succedono mille disavventure, che non conosce pace, e che sembra, anche nostalgicamente, ricevere un’attenzione che vorremmo poter dire essere veritiera, anche se spesso e volentieri l’arte è la “prima cosa sacrificabile” in caso di “emergenza”.

Bellas Artes – Cast

Cast divertito, divertente e molto preparato, che entra in gioco massacrando in qualche modo l’ombra reale di sé stessa, le aspettative grandeur, le nevrosi, le alzate di testa e le ritirate strategiche, le fantasiose balle messe nero su bianco o difese ad alta voce per mandare in porto un progetto che è poi lavoro cioè mestiere cioè pane sotto ai denti.

Arte e miseria umana, arte accattona, arte che elemosina attenzione e se ne prende troppe quando non dovrebbe.

Castro protagonista diabolico, scorretto e sensatissimo

Castro è magnetico come sempre, fortissima presenza scenica e sguardo che passa dal gelo ironico, a caldi lampi di genio arrangiati. Ottimi tutti i comprimari visti, compresa una misteriosa, dolente Angela Molina che, come sfinge indecifrabile, appare a nascondere chissà quale segreto comune di gioventù condivisa con Dumas.

Bellas artes ci ricorda che gli artisti sono guitti, chi lo è e chi ci ha a che fare, guitti con la giacca e la cravatta o col camicione sporco di colore, ma sempre guitti, guitti con il pennello in mano, guitti con lo scalpello di fronte, performer impegnati dell’ultima ora, senza arte né parte o con arte e con parte, ma sempre guitti. Ed il direttore è un guitto, il primo che fu, dei guitti, passato dall’altro lato della barricata. A ricominciare l’infinita essenziale “lotta”.

Bellas Artes – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Antonio Dumas, bianco, etero, anziano è designato senza un gran perchè alla direzione di un importante museo di Madrid. E qui scatta la bolgia di compromessi, equilibri, lamentele, condizionamenti, impicci poco artistici, molto umani e molto politici con cui dovrà confrontarsi. Serie ironica ed intelligente sul backstage di un tenitore museale, metà demiurgo, metà manager, metà ascoltatore dell'arte, metà inventore del niente, di professione barcamenatore tra contemporanee idiozie.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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