Bardo: la cronaca falsa di alcune verità è un film del 2022 diretto da Alejandro Gonzalez Inarritu. Dal 16 dicembre è distribuito su Netflix. Il regista messicano sceglie di raccontare sè stesso in una maniera insolita e originale con un alter ego d’eccezione: l’attore spagnolo naturalizzato messicano Daniel Gimenez Cacho.
Bardo il cast
Daniel Gimenez Cacho (Silverio Gama), Ximena Lamadrid (Camila Gama), Griselda Siciliani (Lucia), Iker Sànchez Solano (Lorenzo Gama), Fabiola Guajardo (Tania), Andrès Almeida (Martin), Mar Carrera (Lucero), Francisco Rubio (Luis).
Bardo trama e recensione
Silverio Gama, giornalista e documentarista messicano, trascorre la sua vita a Los Angeles con la moglie Lucìa e i suoi figli adolescenti Lorenzo e Camila. La felicità della coppia è costantemente turbata dalla morte del primo figlio, Mateo, il giorno dopo la sua nascita. L’occasione di confronto e riconciliazione di Silverio con sé stesso, avviene con la docufiction La falsa cronaca di alcune verità, dove gli elementi autobiografici si mescolano a sogni, ricordi e fantasie. La notizia del ricevimento di un prestigioso premio giornalistico, lo riporta in Messico ad esplorare in maniera surreale non solo la sua attività, ma tutta la sua esistenza quotidiana.
Morte e rinascita in uno scenario sospeso tra reale e irreale
Il Silverio Gama di Gimenez Cacho, attraversa la sua vita e il suo travaglio personale con un tocco costante di fervida immaginazione. Da qualche anno a questa parte, alcuni grandi autori, hanno scavato nel loro passato più intimo fatto di ricordi ed emozioni. Presentato alla 79esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Bardo è sceneggiato dallo stesso regista e dall’argentino Nicolas Giacobone. L’aspetto onirico, visuale e visionario di Bardo, sta nella sua magniloquenza, nella sua durata, nei suoi eccessi pindarici di immagini e di tormenti mentali.
Il titolo originario e il significato della parola Bardo
In un primo momento il titolo del film era Limbo, e non viene difficile immaginare il perchè. Probabilmente in corso d’opera, Inarritu ha scelto di reinterpretare liberamente il titolo. Il suo Bardo non viene da una valenza shakespeariana, ma fa parte della terminologia buddista. Viene inteso uno stato intermedio o di transizione tra la morte e la rinascita. Prima di approdare sulla piattaforma streaming, Bardo è uscito per un tempo limitato nelle sale italiane grazie alla distribuzione di Lucky Red. La sala cinematografica, nella sua grandezza fisica e metaforica, può far vivere quest’esperienza immersiva nella vita esistenziale di un uomo nella migliore maniera possibile. La corsa e il salto iniziale nel deserto messicano, rappresentano il suo desiderio di spiccare metaforicamente il volo.
Già il protagonista oscilla sempre e costantemente in uno scenario diviso tra reale e irreale. Nel mezzo, vi è la tradizione fra integrazione sociale ed economica di Messico e Stati Uniti. “Perchè la vita non funziona così, esistono l’ordine, la causa e gli effetti”, come ripete a Silverio il conduttore (e suo più spietato critico) del talk show che non lo sopporta. Ma all’artista non importa; non vuole parlare di sé stesso per via, a suo dire, della banalità della sua vita. Non a caso, sempre secondo Silverio, “La memoria manca di verità”. Quello di Bardo, è un continuo flusso di coscienza da parte del protagonista, un vero e proprio stream of consciousness che rende fortemente visuale l’approccio di Inarritu .
Un viaggio continuo tra Messico e Stati Uniti alla ricerca della propria identità
Il suo libero scorrere di pensieri, sentimenti e sensazioni si scontra con i fantasmi del passato e le controversie del presente. L’immigrazione e la continua dicotomia Stati Uniti/Messico, si relaziona e si inter scambia continuamente nel corso della pellicola. Ed è quello che penetra e si insinua nelle continue elucubrazioni mentali del protagonista. Il senso di morte attraversa in maniera costante il lavoro che sia Inarritu e il suo alter ego Gama, compiono per una necessaria maturazione simbolica. Il suo rapporto col padre risulta disgregato e frammentato. In Bardo la politica è presente ma anche sottintesa dalle immagini dei migranti, che lui riesce a documentare così bene nel suo lavoro.
“Il mio fallimento più grande è stato il successo”, dice Silverio durante un bizzarro confronto con la figura paterna.
Il direttore della fotografia iraniano Darius Kondhij, illumina e impreziosisce un percorso identitario molto intimo. Mentre il regista messicano scava con una forza prodigiosa nel deserto della sua mente, dove ogni frammento assume una connotazione metaforica.
Bardo, malgrado la magniloquenza visiva, in qualche frangente inizia ad appesantire un pochino lo spettatore. Il risultato è la ricerca di risposte che solo in pochi potranno, se vorranno cogliere. E’ difficile rimanere impassibili davanti a quello che vuole raccontare Silverio, così somigliante al regista stesso, soprattutto in campo lungo.
Gli omaggi a Fellini e Tarkovskij nell’opera di Inarritu
Le molte reminiscenze felliniane, partono da 8 e mezzo. Il protagonista di Inarritu è ritagliato con un certo realismo magico sul Guido Anselmi di Marcello Mastroianni dell’omonimo film di Federico Fellini.
Anche il cinema di Andrej Tarkovskij, è un profondo pozzo morale da cui il regista messicano attinge e si ispira il più delle volte. Stalker viene citato anche visivamente con il cane che attraversa la strada nella notte in cerca di acqua per abbeverarsi vicino al protagonista. Mentre dall’altro lavoro del cineasta russo, Lo specchio, l’autore messicano pesca la modalità di intessere i ricordi della sua vita, con un senso di maestosa speranza.
Bardo è un lavoro complesso, meticoloso e articolato a livello analitico, che merita più di una visione per essere decodificato come si deve. La sceneggiatura, nonostante le continue digressioni poetiche visive, riesce ad avere un suo percorso, seppur discontinuo. Malgrado il caos visivo e rappresentativo degli eventi, la scrittura mantiene un suo granitico rigore.
Notevole invece il lavoro che fa il protagonista Daniel Gimenez Cacho nel mettersi anima e corpo in questo lunghissimo e impressionante excursus personale, perennemente sospeso tra verità e immaginazione.