Presentata in anteprima alla 19ª edizione della Festa del Cinema di Roma, la miniserie Qui non è Hollywood già prima della sua premiere ha generato non poche perplessità e opinioni più che negative. I quattro episodi che compongono questa terribile (purtroppo vera) storia italiana arriveranno su Disney Plus a partire dal 25 ottobre. In molti si stanno già chiedendo quali siano i toni e le prese di posizione della serie sul terribile omicidio di Sarah Scazzi avvenuto il 29 agosto 2010: vi è in maniera similare a Monsters una colpevolizzazione della vittima? La narrazione si attiene a quanto riportato da documenti processuali o si è invece optato per un racconto più fantasioso?
Qui non è Hollywood: trama
Avetrana è un paese in provincia di Taranto bruciato dal sole nella periferia pugliese, a ridosso del mare. È il 26 agosto del 2010 quando Sarah (Federica Pala), una giovane ragazza di 15 anni, scompare. Tutto il paese è in subbuglio, soprattutto la cugina, Sabrina (Giulia Perulli), che nella sua casa di via Deledda, proprio quel pomeriggio, l’aspettava per andare al mare in compagnia di un amica delle due. Sembra una fuga innocente, ma non lo è. Perché, mentre tutti la cercano, Sarah è già stata inghiottita nel nulla. La troveranno in fondo a un pozzo morta da diversi giorni.
Un caso di cronaca che attira ancora l’attenzione ma che non si addice a fiction
Le ragioni dietro alla produzione di questo sceneggiato televisivo sono da ricercarsi nell’enorme mediaticità che questo brutale omicidio ebbe quattordici anni fa. L’omicidio di Sarah Scazzi ha pervaso per mesi, se non anni, le maggiori testate televisive e cartacee, portando l’attenzione di tutta l’Italia e quella piccola Avetrana, che in quel periodo sembrava davvero essere diventata una nuova Hollywood per notorietà e telecamere puntate.
Ha dunque molto senso portare sul piccolo schermo una storia di cronaca di questo tipo? Dal punto di vista del risalto e del chiacchiericcio di pubblico certamente sì. Se ci si concentra invece sull’aspetto artistico-narrativo, forse l’operazione messa in piedi da Qui non è Hollywood è sbagliata fin dal principio.
Il problema è purtroppo sempre lo stesso, ovvero quello di un racconto tratto da una storia reale che però ha al suo interno contesti e situazioni frutto dell’immaginazione degli autori. Storie di cronaca come quella di Sarah Scazzi, che per una buona parte della stampa nazionale ha ancora molti punti d’ombra, non si addicono a un racconto fiction. Lo si è visto proprio di recente con Netflix ed il caso Yara Gambirasio, dove se il film del 2021 è stato un autentico disastro, la serie documentario di poche settimane fa ha invece regalato al pubblico nuovi retroscena e ipotesi su possibili errori giudiziari, resi possibili grazie a testimonianze di legali e giornalisti in prima linea sulla vicenda. Qui non è Hollywood dimostra nuovamente quanto la cronaca e le vicende giudiziarie di maggior risalto debbano stare lontane da una trasposizione che non sia documentaristica.
I diversi punti di vista
Sarah, Sabrina, Michele e Cosima: quattro episodi che mostrano i diversi punti di vista dei personaggi su giorni precedenti e successivi all’atroce delitto. Il regista Pippo Mezzapesa pone al centro della scena i quattro principali protagonisti della vicenda, cercando di ricostruire (sempre in maniera ipotetica) le sensazioni ed i turbinii che li hanno avvolti in quell’estate del 2010. Federica Pala, Giulia Perulli, Paolo De Vita e Vanessa Scalera hanno certamente offerto quattro ottime interpretazioni, piene di momenti di grande intensità.
Un racconto completamente incentrato su questi quattro personaggi, cha ha volutamente deciso di non raccontare tutto quel lungo percorso giudiziario conclusosi nel 2017 con la sentenza della Corte di Cassazione. Certo, forse una puntata dedicata anche alla madre di Sarah sarebbe stata d’obbligo viste le sue numerose apparizioni e la sua lotta in prima linea per trovare la verità sulla scomparsa e successivamente morte della figlia.
Spostando ora l’attenzione sugli aspetti più tecnici dell’opera, anche qui vi sono molti difetti. Innanzitutto appaiono poco chiare, ma già dal trailer questo si evinceva, le scelte musicali, in particolar modo la traccia rap posta nei titoli di coda. Questa appare totalmente fuori contesto. Stessa cosa succede per altri intermezzi musicali che si presentano nel corso delle puntate.
In conclusione
Grandi sforzi produttivi utilizzati abbastanza inutilmente per questa Qui non è Hollywood, una miniserie che si è buttata a capofitto nella trappola della trasposizione di una storia true crime. Il risultato è sempre il solito: un racconto che non approfondisce, ma che butta nuovamente sul banco una storia che già il pubblico conosce, orpellandola con elementi forse veri o forse fantasiosi, comunque incerti. La risposta del pubblico non si farà certo attendere, ma visto l’accoglimento del primo trailer è molto probabile che sarà più orientato verso una bocciatura.