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Aspromonte – La terra degli ultimi, di Mimmo Calopresti

Aspromonte – La terra degli ultimi (2019), Mimmo Calopresti torna nella sua regione, la Calabria, per raccontare una storia di riscatto e di emarginazione. Non è la prima volta che l’autore sceglie di puntare i riflettori verso gli ultimi, i dimenticati, quelli lasciati ai margini di una società sorda e indifferente. Nella sua lunga carriera di documentarista e regista l’aveva già fatto molte volte, raccontando i sopravvissuti di Auschwitz con Volevo solo vivere (2006), gli operai morti nell’acciaieria ThyssenKrupp di Torino con La fabbrica dei tedeschi (2008) e più recentemente con Cutro, Calabria, Italia del 2024. Fresco vincitore di un Nastro d’Argento per il miglior documentario nella categoria “Cinema per il Reale”.

Ed è proprio da Cutro, Calabria, Italia che è possibile intavolare un discorso critico tra questa opera, e Aspromonte – La terra degli ultimi. C’è una sottile linea rossa che unisce queste due storie, entrambe figlie di reali sofferenze umane. L’inquadratura finale di Aspromonte è una panoramica del mare calabrese visto dalle montagne, un ultimo scorcio di striscia azzurra prima dei titoli di coda. Ed è proprio da quelle coste che si apre – purtroppo – anche il documentario su Cutro.

È lo stesso mare che ha visto il naufragio avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 a un caicco partito dalla Turchia e carico di almeno 180 migranti. A distanza di decenni, quella terra così aspra e forte, ha dovuto fare i conti con l’ennesima tragedia umana. Aspromonte racconta la storia di un popolo vessato, lasciato lì su in montagna senza cure e servizi adeguati, in un’Italia del dopoguerra che faticava a trovare le risorse necessarie per la sua popolazione.

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E  così, Cutro, latitudini e provenienze differenti, storie differenti, vite differenti, ma destini simili, di disagio, precarietà e desiderio di fuga verso un posto migliore.

Aspromonte – La terra degli ultimi – Trama

Aspromonte - La terra degli ultimi -

Aspromonte – La terra degli ultimi racconta la Calabria degli anni ’50 ma anche di oggi. Ci troviamo nel cuore dell’Aspromonte. In un piccolo paese isolato dal resto del mondo. da non avere neanche la presenza di un medico a disposizione. Ma quando una donna incinta muore per mancanza di cure, il popolo di Africo si ribella decide in autonomia di costruirsi una strada che colleghi il villaggio con la “marina”. La costa, il centro del paese dove si concentrano maggiormente le risorse dell’amministrazione locale.

Uno scontro, questo, che costa al paese un duro scontro sia con le istituzioni, ma soprattutto con il boss del paese, Don Totò, interpretato da Sergio Rubini, che fa affari in proprio approfittandosi della farraginosità della macchina pubblica. L’occhio esterno di una maestra del Nord, Valeria Bruni Tedeschi, è una prospettiva inizialmente distaccata, e poi sempre più coinvolta con il destino degli abitanti di Africo.

A fare da sfondo, una serie di personaggi particolari del posto. Dal cittadino più ribelle che funge da guida per tutto il paese, Peppe (Francesco Colella); il poeta Ciccio (Marcello Fonte, Dogman), un bizzarro sognatore dal verso facile; Cosimo, amico e compagno fidato di Peppe, interpretato da Marco Leonardi.

Aspromonte – La terra degli ultimi – Recensione

Aspromonte – La terra degli ultimi

Il film racconto uno spaccato del Mezzogiorno rurale, privo di qualsiasi mezzo di sostentamento. In cui l’istruzione diventa ahimè un peso da non poter sostenere, perché i figli servono nei lavori manuali, nei campi, nella cura degli animali. E se pure i ragazzini sognano di andare in Australia e si accontentano di “vedere” il mondo solo da un atlante malmesso e rabberciato, al richiamo dei picconi e martelli devono correre per aiutare i genitori.

È un meridione che vorrebbe affrancarsi da un’atavica condizione di inferiorità (espressa soprattutto nelle lezioni che Valeria Bruni Tedeschi impartisce ai suoi allievi, che simboleggiano il futuro), ma che tuttavia non possono completamente dedicarsi allo studio. E così, la comunità tutta si riunisce intorno alla costruzione di una strada, che diventa una rivincita verso chi li vorrebbe sempre poveri, ignoranti e ultimi.

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Africo cerca la sua favola per prendere le ali, anche se i capibanda locali fanno di tutto per mantenere lo status quo. Quello che manca tuttavia è una profondità drammaturgica sul personaggio di Don Totò, che non si capisce realmente quali siano le sue intenzioni. Sì, certo, è la criminalità che vince sulla collettività, ma chi c’è dietro? E qual è il ruolo in questo caso delle istituzioni? Che non perdono tempo a incarcerare Spaccapietre perché si oppone al divieto dei lavori per la strada.

Un meridione che fatica ancora oggi

Quello che rimane più impresso è il senso di conquista del villaggio, impegnato a intraprendere un’impresa quasi paradossale che non ha chance di riuscita. Eppure, una buona parte del villaggio decide di scegliere la causa ribelle, pur di far valere i propri diritti. Anche qui, la comunità a un certo punto si spacca, c’è chi decide di piegarsi ai soprusi e alle violenze di Don Totò e all’inefficienza delle istituzioni. Chi decide di accontentarsi e lanciare la spugna, “tanto vale spaccarsi la schiena a marina”, dice uno dei personaggi in un momento in cui tutto sembra essere perduto.

Resta tuttavia un senso di ribellione, un Sud che poi tanto lontano non sembra. Certo le conquiste, le vittorie sindacali, le migliori condizioni di vita sono lampanti e non certo da discutere. Eppure, permane ancora oggi, nel dibattito pubblico un racconto di un meridione che rimane sempre un passo indietro.

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Come se gli strascichi di una sistema sociale arretrato non fosse del tutto estirpato, come se un senso di arretratezza vivesse ancora nelle intercapedini sociali, una piovra che allunga i suoi tentacoli laddove lo stato risulti assente, debole e forse un po’ (volontariamente) miope nei confronti di un welfare non del tutto accessibile. Questo è il tema che Aspromonte – La terra degli ultimi rinnova con vigore e che spinge noi tutti a infiniti e costanti interrogativi.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Aspromonte - La terra degli ultimi è un film intimo, toccante ma anche crudo e privo di sentimentalismi. Lo sguardo d'autore di Calopresti è la nota d'onore da menzionare, un film che vale la pena di vedere per conoscere meglio una storia di ribellione e di conquista.
Valerio Autuori
Valerio Autuori
Con le storie ho un rapporto speciale, amo il cinema e la sua capacità di incantare e di raccontare il mondo. Da piccolo, Chaplin mi conquistò completamente. Da lì ho scoperto altri registi meravigliosi, Keaton, Wilder, Hitchcock, Allen e poi, il cinema italiano, amore incondizionato, tra Fellini, De Sica, Monicelli, Scola, Troisi e tanto altro ancora.

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