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Aquaman e il regno perduto: la recensione

Dopo dieci anni, con Aquaman e il regno perduto si pone la pietra tombale sotto la quale giace il DC Extended Universe. Nato sotto l’influenza dei competitor Marvel, questa decade ha segnato la caduta di numerosi eroi, cha mai come in questo caso hanno trovato difficoltà a farsi spazio in quello che per loro è sempre stato terreno fertile: il pubblico.

Molti sono stati i flop commerciali di questo DCEU, un progetto mai decollato, una nave rimasta vicina alla terraferma e che non è mai riuscita a vedere le vastità prefissate. Oggi, 20 dicembre, con Aquaman e il regno perduto si chiude una pagina dell’intrattenimento supereroistico. Una pagina iniziata poco bene e conclusasi in maniera ancor più autodistruttiva.

Aquaman e il regno perduto: trama

Dopo gli eventi che hanno portato Arthur Curry (Jason Momoa) sul trono di Atlantide, sulle soglie del regno torna la minaccia di Black Manta (Yahya Abdul-Mateen II). David Kane, ora in possesso del tridente nero vuole vendicare la morte del padre caduto per mano di Aquaman. Per far fronte a questa minaccia Aquaman deve abbandonare le vesti da padre indaffarato e mettersi il costume da guerriero, porgendo anche la mano al fratello Ocean Master (Patrick Wilson).

aquaman e il regno perduto
Aquaman e Ocean Master

Aquaman e il regno perduto: una vorticosa discesa verso l’abisso

Un racconto conclusivo, un universo esteso, che si è allungato nei giorni, mesi, anni, ma che mai ha trovato la giusta strada. Aquaman e il regno perduto è la chiave di volta di questo DCEU, il film che più di rappresenta la fallimentare operazione nata nel 2013 e conclusasi (oggi) nel 2023. Il cinecomic di James Wan, che cerca disperatamente di fare il suo meglio, è un accozzaglia disordinata e mal posta. Due ore di stordimenti visivo-uditivo, dove l’azione eccede eccessivamente, sovrastando qualsiasi tipo di approfondimento e racconto.

Le ipotesi fatte qualche giorno fa (quì l’approfondimento) hanno tristemente trovato conferma: il rapporto tra il Re di Atlantide e il suo consanguineo fratello è completamente messo alla berlina, caricaturale e privo di qualsiasi trasporto emotivo. Il piccolo figlio di Aquaman è un elemento che non va a incidere minimamente sul personaggio a cui il film deve il nome, e la sua utilità è solo quella di essere colui che sul finale rinvigorisce il padre portandolo alla vittoria. Infine la computer grafica, che invece di maturare sembra viaggiare a ritroso trascinata dalla corrente di oziosità produttiva che sta imperversando ultimamente nei grandi blockbuster.

Un film al quale mancano le buone basi strutturali di tecnica e scrittura. Inutile ogni buon proposito nel voler rendere più profondo il film andando a toccare temi come l’ambientalismo e i genitori single. Tutto è accennato e mai messo sotto un attenta lente d’ingrandimento. Comunque nulla di nuovo, nessuna speranza era infatti stata riposta verso questo sequel di Aquaman, che già nel 2018 (nonostante il miliardo di incasso) mostrava errori e difetti riconfermati nel suo successore.

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Un (aberrante) immagine tratta dal film

Jason Momoa e il resto del cast

In quel disordinato e confuso “acquario” che è l’oceano di Atlantide vediamo più o meno brillantemente nuotare tutti i protagonisti. A Nicole Kidman e Dolph Lundgren sono riservati solo una manciata di minuti, giusto il tempo per poterli inserire nei titoli di coda e poter vantare il film di avere tra le sue file un premio Oscar e una leggenda del cinema muscolare.

Nonostante le cause processuali e le dicerie, l’attrice Amber Heard ha un suo spazio all’interno di Aquaman e il regno perduto. L’attrice si mostra moglie, madre e regina del regno di Atlantide, al fianco del sovrano per la salvaguardia dello stato e del mondo intero. Nulla di che per carità, ma vederla destreggiarsi sullo schermo è stata una vera sorpresa. Abbastanza dimenticabili invece i personaggi interpretati da Patrick Wilson e Yahya Abdul-Mateen II. In particolar modo la presenza di quest’ultimo è tutt’ora un mistero, un villain che per storia e carisma sembra essere frutto di una chiacchierata tra sceneggiatori.

Veniamo però ora alla nota dolente: Jason Momoa. Tralasciando l’enorme divario fisionomico-fisico tra l’attore e la sua controparte fumettistica, Momoa si dimostra nuovamente inadatto a vestirsi da Re dei mari. Un interprete a cui manca completamente il carisma per un ruolo di questo tipo, dove non solo il fisico, ma anche l’atteggiamento e le movenze sono parti essenziali. In futuro Gunn e Safran dovranno porre maggior attenzione e perizia ai casting perché, in questo primo esperimento DC, molte scelte errate sono state fatte.

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Aquaman e il regno perduto

In conclusione

Aquaman e il regno perduto segna la chiusura fallimentare non solo di Aquaman ma anche del franchise all’interno del quale aveva un posto di rilievo. Poca sostanza in questo film che manca di tutto. Non c’è ritmo, l’azione sovrasta ogni cosa, anche quei personaggi che, per quanto non avessero mai suscitato interesse, meritavano un miglior epilogo. Si chiude un cerchio forse mai aperto, che si spera però possa a modo suo fare scuola ai futuri direttori creativi del meraviglioso mondo DC.

Aquaman e il regno perduto: trailer

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Aquaman e il regno perduto fa acqua da tutte le parti. James Wan cade sotto il peso di un film sul quale non vi erano interessi e aspettative.
Davide Secchi T.
Davide Secchi T.
Cresciuto a pane e cinema, il mio amore per la settima arte è negli anni diventato sempre più grande e oltre a donarmi grandissime emozioni mi ha accompagnato nella mia maturazione personale. Orson Welles, Ingmar Bergman, Akira Kurosawa e Federico Fellini sono gli autori che mi hanno avvicinato a questo mondo meraviglioso.

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