E’ raro, ma non impossibile che un film su piattaforma, di cui poco si sa e poco si parla, perso nei meandri delle infinite scelte commerciali o anonime messe a disposizione, risulti poi veramente soddisfacente.
Alice, film del 2019 di produzione franco-australiana, diretto da Josephine MacKerras, disponibile su Prime Video, ci riesce, costruendo una storia che racconta la strenua resistenza femminile e testimonia la miopia maschilista insita in determinati e fondamentali aspetti del funzionamento della società civile.
Alice – Trama
Alice (Emilie Piponnier) è una moglie ed una madre lavoratrice dolce, molto carina, generosa e sempre impegnata; il suo piccolo Jules di 5 anni è un bambino sereno e vivace, biondo come lei, con gli occhi azzurri come quelli del padre (Martin Swabey), uomo affettuoso, affascinante e gentile, che, però, una mattina esce di casa e non vi fa più rientro. La donna scopre che il marito le ha sottratto sistematicamente, in oltre due anni, quasi tutti i risparmi del conto comune, senza dirle nulla, pagandosi una vita alternativa insieme ad un’escort.
La casa è ad un passo dal pignoramento, gli amici sono troppo presi dalle rispettive vite, la madre non la capisce anzi sembra addossarle la colpa del fallito matrimonio, gli avvocati e le banche non dimostrano nessuna elasticità, l’incubo che i servizi sociali possano portarle via il figlio si avvicina. Alice perde il sonno e le lacrime, ma decide di combattere per mantenere con sé il figlio e la casa.
Rintraccia l’agenzia di escort che suo marito ha contattato e, pur senza averlo preventivato, riesce a farsi assumere: la paga è buona, i clienti sono altolocati, una sua collega (Chloe Boreham) le fa da mentore e da migliore amica. Alice inizia la risalita dalla voragine che sembra averla inghiottita; ma mentre pian piano prova a ripagare il debito, intervengono nella sua traballante ripresa due fattori di nuova destabilizzazione: gli appuntamenti diventano sempre più invadenti andando ad incidere negativamente sulla sua vita privata, già ridotta all’osso ed il marito torna a rifarsi vivo. Ancora una volta la donna dovrà reinventarsi una sopravvivenza possibile per superare, stavolta in via definitiva, la difficile crisi.
Alice – Recensione
Alice è una storia pura, semplice, di un’essenzialità imprevedibile, asciutta e dolorosa, che arriva diretta e limpida al suo obiettivo, sostenuta da un incastro di eventi totalizzante, i quali a domino trattengono l’attenzione, sospendono il fiato, incuriosiscono, indignano, fanno riflettere e non divagano mai, escluso un finale semi-onirico, possibile manifesto di una scelta coatta, ultimo atto di ribellione ad una mancanza di alternativa.
Senza preamboli, né digressioni al racconto, il primo atto di Alice piomba velocissimo, duro e crudo, spalancando gli occhi caldi dell’incredula protagonista ed infrangendone il tranquillo idillio d’amore piccolo borghese. Si descrive pochissimo della sua vita ante-crisi, ma quel poco è sufficiente a rendere l’idea di una situazione di vita comune, anzi comunissima, uno status quo tipico di moltissime persone, che da un momento all’altro può precipitare senza preavviso né rete di protezione, trasformandosi in incubo.
Così il nido di Alice si sbriciola, portandosi dietro la fiducia verso il proprio uomo, il significato del sentimento amoroso, la leggerezza della vita, ma anche una consapevolezza nuova e differente, legata la potere che il corpo femminile può mettere in campo, all’indipendenza che ogni donna sa conquistare, tramite gli stessi strumenti di cui si è servito l’uomo per tradirla.
Il piacere fisico diventa uno strumento per guidare l’altro, conoscerlo, tornare in sella, dettare le regole: i clienti la iniziano, le diventano amici, si spogliano nudi e confessano con il corpo infinite fragilità, mentre lei intasca il proprio futuro in banconote cash ed ascolta la fragilità dell’universo maschile.
Un mondo che non esce fuori bene, pieno di individui insicuri, incapaci di esprimere le loro reali necessità, stritolati da convenzioni civili, schiacciati da lavori degradanti ed insoddisfacenti, incappati nella menzogna per pudore del bisogno, deboli, dipendenti, nascosti dietro un sorriso gentile, una compiacenza fraterna, posseggono la sicurezza di poter contare su regole civili e sociali che riconosceranno sempre il loro potere gerarchico, dandogli la priorità.
Infatti il marito di Alice, deluso per non essere stato perdonato dalla donna che ancora, dopo tutto il male fatto, dice di amare, passa al contrattacco e le dichiara guerra, ricattandola: andrà in tribunale a chiedere la tutela del figlio, accusandola di svolgere un lavoro inappropriato ed inaccettabile per una madre. Perché se è la madre a fare l’escort il bambino potrebbe rischiare di non rivederla più; se è il padre ad andare sistematicamente con un’escort, la famiglia può ben restare intatta e le istituzioni mute.
Contraddizioni odiose e patriarcali in cui Alice resta intrappolata, come un cervo in una tagliola, fino a perdere l’orientamento, a recriminare colpe su chi non poteva sapere di fare del male, decidendo, alla fine, di staccare la spina alla vecchia sè e riprendersi la sua libertà.
Nessun rimorso, nessuna pietà; esattamente lo stesso contegno che le è stato riservato da chi la circonda. Dal proprio amore, dagli amici che hanno voltato le spalle, perfino dai genitori, sordi ai suoi appelli. Meglio cercarsi un nuovo mondo e nutrire lì una qualità diversa dello stare in vita.
Alice è un meccanismo ad orologeria compatto, che scatta implodendo in se stesso e poi al di fuori, costringendo la donna che lo guida a farsi pilota su strade non previste e a rivendicare questo ruolo di fronte agli altri, perché se l’uomo può tacere, la donna deve, purtroppo, giustificare.
Non ha la disperazione muta di Shame, la leggerezza della commedia italiana alla Nessuno mi può giudicare, l’occhio voyeuristico ed indagatore del Diario di una ninfomane, ma ne prende singoli aspetti, li concentra in una storia-exemplum ed offre un quadro di femminismo non strillato, nè vittimistico, in cui resta evidente la sproporzione delle ripercussioni su comportamenti ingiustamente messi alla pari, il giudizio morale che ancora ottunde l’ascolto e lo squilibrio delle parti in causa.
Alice ha un ritmo serrato dettato dalla cascata di eventi e conseguenze che travolgono la sua protagonista, di cui seguiamo l’odissea passando da stretti primi piani, a panoramiche della Senna tanto struggente quanto indifferente; abbiamo inquadrature nette alternate a momenti in cui la prospettiva traballa, come quella della nostra eroina.
Alice – Cast
La Piponnier da sola regge tutto il film, dimostrando una padronanza dello stare, invidiabile, un controllo emotivo molto accurato, uno studio ed un rilascio delle circostanze lucido e assolutamente credibile. I capelli raccolti da un lato, prima composti e gradualmente sempre più informi non intaccano la sua bellezza docile, da “brava ragazza”, mentre Il suo volto è un insieme di espressioni che riassumono la tempesta emotiva che le attraversa il cervello e l’anima.
Alice ha i suoi occhi grandi, i colori eterei e quella postura elegante che sembrano mal piegarsi alla ferita della storia, ma resistono senza perdere luminosità e compostezza, anzi, gridandole ancora di più.
Alice è un film che pone domande, e poco si affida alle risposte; le sue stesse soluzioni sono azzardate, fantasiose, lontane dalla fattibilità quotidiana, ma sono un messaggio in una bottiglia, lasciano intendere il grado di esasperazione cui è possibile arrivare in certi ambiti, quando quello che non credevi possibile, non solo succede, ma è l’unica scelta che si ha. E, per tutta risposta, la società “civile” invece di tutelare questa presa di posizione, la osteggia, la sminuisce, la inquisisce. Tutti a casa a riflettere: Alice potrebbe succedere, anzi, molto probabilmente è successo e sta succedendo Già.