Quando, la seconda pellicola con Walter Veltroni alla regia, uscita nelle sale a fine marzo, entra a far parte del catalogo Prime Video. È prodotta da Lumière&Co, in collaborazione con Vision Distribution e Sky. Tratta da un romanzo del regista, si tuffa, senza rete e senza convinzione, nel filone del revival anni ’80.
Il peccato originale è un soggetto preso in prestito. Fa infatti il verso a Good Bye, Lenin!, film del 2003 del regista tedesco Wolfgang Becker, in cui una donna finisce in coma per 8 mesi a cavallo degli avvenimenti che porteranno poi alla caduta del Muro di Berlino. In Quando il protagonista, Giovanni, in coma ci passa la bellezza di 31 anni. Risvegliandosi in un mondo tutto nuovo.
Quando, il cast
Si affida ad un gruppo variegato di attori bravi e convincenti, che ha dovuto, suo malgrado, fare i conti con un montaggio e una sceneggiatura che non gli ha reso giustizia. Giovanni Piovasco è interpretato da un Neri Marcoré che, dopo gli esordi come imitatore, si è imposto all’attenzione da Il cuore altrove di Pupi Avati fino all’ultimo film corale a cui ha preso parte, I peggiori giorni. La protagonista femminile è Valeria Solarino, Suor Giulia, che conferma la sua capacità di entrare in personaggi sempre diversi.
Accanto a loro, la coppia di ex compagni di scuola, ora sposati, Tommaso–Gianmarco Tognazzi e Flavia–Olivia Corsini, primo amore di Giovanni. Fanno un’apparizione che dona ritmo alla storia Massimiliano Bruno, il fisioterapista Cesare, e Stefano Fresi, il cameriere di un moderno ristorante a tutto QR_Code e ricette rivisitate, che alla fine consiglia la trattoria con l’amatriciana tradizionale.
Completano il cast di Quando Dharma Mangia Woods, Francesca, e Fabrizio Ciavoni, Leo, un paziente affetto da mutismo selettivo. Troviamo il primario cinico e opportunista, il Professor Cocco, che ha il volto di Ninni Bruschetta, che non disdegna i talk show televisivi che parlano del miracolo dell’uomo uscito dal coma. Con l’ex Iena e attrice Elena Di Cioccio nei panni della conduttrice. E infine un Michele Foresta, conosciuto come Mago Forest, che interpreta il Mago Fred delle Feste dell’Unità di Giovanni bambino.
Quando, una trama piccola piccola
Estate 1984, Piazza San Giovanni a Roma, è appena morto Enrico Berlinguer. Dopo la manifestazione per i suoi funerali, Giovanni, colpito da un’asta di una bandiera, finisce in coma. Passati 31 anni, il risveglio, tra lo stupore di tutti. E la gioia e l’emozione di Suor Giulia, che da tempo (quanto?) lo assiste. L’ex studente, che non ha potuto neanche diplomarsi, ormai uomo di 49 anni a sua insaputa, inizia a chiedere di mamma e papà.
E di Flavia, la sua ragazza. Che appresa la notizia al telegiornale da uno schermo all’aeroporto, sviene tra le braccia di Tommaso, suo marito, appena atterrato. I due fanno capire da subito che nascondono un segreto. E che hanno paura che l’ex amico, risvegliato, possa ricordare qualcosa. Con questi accenni iniziali parte una storia. Che si avviluppa subito su sé stessa.
I punti deboli di questo racconto
Tre decenni sono davvero tanti, e quello che si risveglia in un letto di un comune (possibile?) ospedale è, di fatto, un ragazzo appena maggiorenne degli anni ’80. E così l’espediente di un una scena onirica, forse un po’ kitch ma che farebbe ben sperare ad inizio film, liquida un percorso di crescita che, ovviamente, il protagonista non può aver fatto. Nessuna spiegazione medica di un qualche senso. Qualche accenno critico alla moderna abitudine di riprendere tutto a favore di social. E giusto qualche scena sulla riabilitazione fisica di un uomo bloccato in un letto per la maggior parte della sua vita.
Dei flashback anni ’80 non particolarmente emozionanti o di sicuro effetto alimentano la trama suspence del segreto di Tommaso e Flavia. Ma lo spettatore si ritrova davanti un Giovanni adulto fatto e finito. Così, senza un racconto o un percorso che lo spieghi o lo giustifichi. Passando un messaggio che forse non era nelle intenzioni del suo autore. Che la cultura e l’esperienza non abbiano alcun peso e alcun valore.
Quando sembra un succedersi di scene che faticano davvero tanto a prendere ritmo. Tutto il tempo passato viene compresso e banalizzato in discorsi e battute, che però il più delle volte non fanno neanche sorridere, da comunicazione social polarizzata. Lira vs Euro, alzacristalli a manovella Vs quelli elettrici. Menù del ristorante Vs QR_Code da inquadrare con il cellulare. Battisti, Dalla e Pino Daniele che sono morti. Per non parlare dell’Unione Sovietica che si è dissolta nella Russia, e del Partito Comunista che non c’è più.
Sarà Leo, moderno Virgilio, a proporre a Giovanni un aggiornamento ai tempi nostri tramite un carosello di immagini da scorrere con un dito. Il tutto senza riflessione e approfondimento. In una visione piatta, bidimensionale e senza emozione che lascia lo spettatore tra l’annoiato e lo stordito.
Conclusioni, con critica e un po’ di spoiler
Il grande segreto di Quando è che Giovanni ha una figlia, Francesca, cresciuta senza sapere di lui e con Tommaso come padre. La rivelazione viene liquidata in un discorso su una panchina. Non c’è spazio per sentimenti di rimpianto per quello che avrebbe potuto essere. Non ci sono i timori o le aspettative per una paternità assolutamente inaspettata. E l’incontro fra i due avverrà con un sermoncino di un uomo che non può aver maturato le cose che dice ad una giovane donna che ha “vissuto” davvero più di lui.
E la scena dell’esame di maturità, a cui Giovanni decide di partecipare, è il nonsense finale. Un monologo molto ben recitato da un Neri Marcoré che avrebbe meritato una evoluzione interiore che è nelle sue corde. Ma a cui la sceneggiatura non ha lasciato spazio. Ed un soggetto poco originale, a corto di anima e di contenuti.
Dopo l’esordio con C’è tempo, pellicola del 2019, con Stefano Fresi ed una convincente Simona Molinari, una decisa battuta d’arresto per il Veltroni regista. In un film che trascura il tema dei genitori che invecchiano e dell’Alzheimer, dei disturbi dell’apprendimento e dell’ansia dei ragazzi. Dei rapporti e della fiducia. Dell’amicizia e dei sentimenti più profondi. In cui a salvarsi è solo, e non tutta, la colonna sonora.