The Others è un film horror psicologico scritto e diretto da Alejandro Amenábar, presentato al Festival del cinema di Venezia nel 2001, ad oggi disponibile in streaming su Amazon Prime Video.
Un lungometraggio basato sulla messinscena, sulla finzione, in cui il contrasto tra luce e ombra, tratto peculiare dell’horror, è presente in tutto il film.
L’opera risulterebbe alquanto lineare se non fosse per il finale, che lo contraddistingue e differenzia dal resto della filmografia di questo genere piuttosto amato.
The Others trama
Ambientato nelle nebbiose campagne inglesi subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, The others ha come collocazione principale una villa isolata, che molto ricorda la residenza nobiliare di Barry Lyndon.
La trama ruota attorno a Grace Stewart (interpretata da Nicole Kidman), una donna che vive in una grande insieme ai suoi due figli, Anne e Nicholas, nell’attesa che il marito Charles rientri dal fronte. I bambini soffrono di una rara malattia che li rende estremamente sensibili alla luce solare, costringendo la famiglia a vivere in un’oscurità costante. La vita tranquilla di Grace viene sconvolta dall’arrivo di tre nuovi servitori, che si offrono di aiutarla con le mansioni domestiche. Tuttavia, ben presto iniziano a verificarsi eventi misteriosi e inquietanti che mettono in dubbio la sanità mentale di Grace e la sua comprensione della realtà.
La bambina infatti avverte la presenza di un coetaneo, Victor, e afferma di aver visto anche i suoi genitori ed un’inquietante donna anziana cieca, quasi una strega.
Via via gli eventi paranormali diventano sempre più frequenti, Grace diventa sempre più inquieta, toccando il culmine della paura nel momento in cui scopre l’abitudine ottocentesca di fotografare i morti, trovando un libro in casa, e della follia quando tenta di uccidere la figlia, che ai suoi occhi assume l’aspetto de “la vecchia intrusa”.
Vengono infatti chiamate così le presenze: nel finale, che sovverte tutta la narrazione, si scopre che l’anziana non è altro che una medium e che sia i governanti sia Grace ed i suoi figli sono morti.
Recensione- tra luci ed ombre
Ciò che rende The Others un film sicuramente apprezzabile, oltre al finale unico, è la sua capacità di creare un’atmosfera cupa e inquietante attraverso l’uso ottimo della fotografia: in buona parte del film infatti è proprio la luce delle candele, calda e flebile, a farla da padrone, con un rimando piuttosto volontario nonostante il diverso fine al già citato capolavoro kubrickiano Barry Lyndon.
La casa buia e isolata diventa un personaggio a sé stante, contribuendo a creare un senso di claustrofobia e di suspense.
La luce invece, come nelle sacre scritture- ossessivamente citate nella prima parte di The Others- è il simbolo della verità, tanto che la casa perde quella patina di oscurità solo dopo il disvelamento finale, che diventa, pur nella sua forte tragicità, l’unico motivo di rilassamento per lo spettatore.
La musica, composta da Amenábar stesso, è inquietante e sinistra, e contribuisce a creare un’atmosfera di tensione continua, nonostante non abbia alcun segno di distinzione o eccezionale bellezza. La musica diventa foriera di verità solo nella scena in cui Grace comprende, attraverso un valzer suonato al pianoforte, che qualcuno che lei non riesce a vedere è in casa. Amenábar sceglie per questo momento un brano di Chopin, forse per sottolineare l’estraneità e la differenza, come per sottolineare un “us and them”, un’alterità, che in fondo sarebbe la scelta giusta.
Lo spettatore infatti, in questo film dalle forti sfumature morali, è portato ad identificarsi con coloro che in realtà sono morti, più di tutti con Grace, parteggiando dunque per i “cattivi”.
In realtà il finale diventa il simbolo della relatività, di come tutti siano per qualcun altro “gli altri”, gli estranei, i diversi.
Grace: paradigma della follia
Grace, protagonista indiscussa di The Others, si scopre essere un’omicida suicida. La sua eleganza, le sue manie, in primis la fervente religiosità, la sua ossessione per il perfezionismo, formale e comportamentale, ci direbbero il contrario e fino al termine del film questa sua maschera è credibile, estremamente verosimile.
Solo nella scena in cui, confusa, tenta di eliminare la figlia vediamo trasparire una parte della sua vera natura, ignari delle ragioni profonde che scatenano il gesto: la scena è narrata dal suo punto di vista, e infatti lo spettatore non può ancora una volta far altro che comprenderla.
Tra Kubrick ed Hitchcock
Grace è un po’ Jack di Shining: non c’è la macchina da scrivere ma le porte, che devono rimanere chiuse, un po’ come la camera 237 dell’Overlook Hotel, c’è l’ossessività e quello sguardo folle che è senza alcun dubbio di matrice kubrickiana.
Nicole Kidman infatti, che in questo film dà prova di una straordinaria professionalità con una performance tra le sue migliori, è reduce di Eyes Wide Shut.
È evidente che la lezione del Maestro (Stanley Kubrick) le sia rimasta addosso, come uno di quegli abiti d’epoca eleganti ma anche un po’ opprimenti che indossa in The Others, o ancor di più come la maschera invisibile del capolavoro del 1999.
La sua interpretazione è intensa e magnetica, riesce a trasmettere la paura e l’ansia del personaggio al pubblico. La sua espressione facciale e il suo linguaggio del corpo sono perfettamente in linea con l’atmosfera del film, aggiungendo un ulteriore livello di suspense e mistero: un plauso all’attrice ma il merito è di Stanley Kubrick, come la stessa attrice ha affermato, pur non avendo citato nello specifico il film di Amenebár.
Inoltre Grace è, per nome ed aspetto, un omaggio del regista ad Alfred Hitchcock, quasi un rifacimento di Grace Kelly, nei panni di attrice negli iconici lungometraggi del regista: il modo di muoversi e la pettinatura ne sono la prova lampante.
The Others, finale e temi del film
Come spiegato finora, la trama del film è ben costruita e ricca di colpi di scena. Mentre il film si sviluppa, si viene trascinati in un labirinto di segreti e rivelazioni, e lo spettatore rimane incerto su cosa sia reale e cosa sia frutto della fantasia dei personaggi. The Others sfida le aspettative e gioca con il concetto di percezione e di realtà, mantenendo lo spettatore costantemente sulla corda. Come affermato fin dall’inizio, ciò che rende interessante il film è il finale, che somiglia molto a quello di Shining: non è una grossa sorpresa infatti che i lavoranti, dell’albergo e della casa, siano morti molto tempo prima ed in fondo non è poi così strano che Grace abbia ucciso i suoi figli.
È però inaspettato, almeno la prima volta in cui si vede il film: conoscendo già la spiegazione infatti, rivedendo il film, emerge una sottile banalità, forse il tratto peggiore ed allo stesso tempo imprescindibile di molti, seppur buoni, film dell’orrore.
Nonostante molti rimandi a Shining ed in generale al cinema di Kubrick si parla di pellicole con un’intensità totalmente ( e giustamente) differente.
Non bisogna pensare però che The Others sia un film adatto solo ad una prima ed unica visione, in quanto i temi affrontati sono davvero moltissimi e le interpretazioni di pregio, così come lo studio attento sulla luce, lo rendono un buon prodotto.
L’opera infatti affronta temi interessanti come il lutto, nella contemporaneità e nella storia, la solitudine e la paura dell’ignoto. La storia di Grace è anche una riflessione sulla forza dell’amore di una madre e su come sia capace di superare gli ostacoli, l’empatia dello spettatore nei suoi confronti dipende anche dal dolore della donna, amplificato dal doppio abbandono (da vivi e da morti) del marito.
Conclusioni
Sebbene The Others sia un horror, non si basa su scene di violenza o spaventi facili e questo è un grande pregio. La paura viene costruita attraverso l’atmosfera e la tensione psicologica, facendo sì che il film rimanga incisivo anche dopo la visione, tanto che a distanza di più di vent’anni dall’uscita rimane un film da vedere o rivedere.