“Gloria Bell” (2018) del regista cileno Sebastián Lelio (classe ’74) è il remake statunitense dell’acclamato “Gloria” (2013), film (anch’esso diretto da Lelio) con protagonista Paulina García, premiata al Festival di Berlino. Lelio, dunque, girando “Gloria Bell”, cita e sfida se stesso.
“Gloria” è stato uno strepitoso trampolino di lancio. Dopo di allora, infatti, il cineasta sudamericano ha realizzato pellicole di successo (impreziosite da sceneggiature di valore) come “Una donna fantastica” (2017, Oscar miglior film straniero) e “Disobedience” (2017) con Rachel McAdams e Rachel Weisz. Lelio è un autore interessante e sa raccontare l’universo femminile con stile e sensibilità. In ciò somiglia al collega e connazionale Pablo Larraín, che figura tra i produttori di “Gloria Bell”.
“Well, when the world blows up,
I hope I go down dancing“
(“Gloria Bell”)
Gloria Bell, recensione e trama
La storia è ambientata a Los Angeles. Nei panni della protagonista Gloria una sensazionale Julianne Moore; davvero impeccabile. Moore è un’attrice brillante, capace d’infinite sfaccettature (e lo dimostra ancora una volta): euforica, lussuriosa, depressa, allegra, triste, fragile, stizzita. Davanti alla macchina da presa non si risparmia, e dà il meglio di sé in ruoli densi e non convenzionali come, appunto, questo di cui stiamo scrivendo.
In “Gloria Bell” è a proprio agio. Irriverente (nel finale), senza veli, attraversata da dolore e tenerezza (passa dal riso alle lacrime con disinvoltura, in un paio di scene memorabili). Gloria: cinquantenne, impiegata. Lavora in una compagnia di assicurazioni. Capelli al vento e occhialoni. Divorziata da un pezzo. Gloria che ha un certo timore dei gatti (un Canadian Sphynx le entra sempre in casa), gatti che imparerà, però, ad apprezzare quando toccherà il fondo (piantata dal compagno nel bel mezzo di una fuga romantica a Las Vegas) e sentirà il cuore sbriciolarsi in mille pezzi. Gloria che ama danzare nelle discoteche di L.A. (le discoteche della Città degli angeli, un topos delle commedie sentimentali, es: “I Love America” su Amazon Prime Video), preda felice di casanova rampanti. Gloria che canta a squarciagola in auto, nel tragitto casa-lavoro (come accadrebbe in un film di Nanni Moretti).
Julianne Moore illumina col suo carisma. Regala momenti sublimi. In verità, se non fosse per lei, si rischierebbe la noia in più di un’occasione. Il film, dal ritmo zoppicante, manca di una vera e propria trama, niente elettrizzanti colpi di scena, né gag da sbellicarsi. La recitazione brillante, quindi, salva dal sonno. La storia si nutre della routine di Gloria: le conversazioni in ufficio con la collega, gli appuntamenti al ristorante con la madre (l’ottima Holland Taylor), le sessioni di yoga (immancabili a Los Angeles…), le isterie dell’oscuro, inquietante, vicino di casa, gli incontri con i figli, la ceretta dall’estetista, qualche cenetta tra amici.
Gloria è una donna di mezza età che vive da sola. L’ex marito ha un’altra e si è risposato. È madre di due figli ormai grandi. La femmina Anne (Caren Pistorius, “Il giorno sbagliato”) ha una relazione con un surfista svedese e, incinta, sta per trasferirsi in Europa, dove è intenzionata a restare. Il maschio Peter (Michael Cera, “Juno”) fa il ragazzo-padre perché la compagna, presa forse dalla voglia di riscoprire se stessa, se ne sta a girovagare per il mondo. Gloria si occupa del nipotino appena può. Lascia messaggi alla segreteria telefonica dei figli ribadendo, prima del commiato, sono io, mamma, una frase che la caratterizza: Gloria non è una presenza ingombrante. Vive e lascia andare.
Adora danzare, Gloria. In una scena racconta che, se il mondo scoppiasse, lei vorrebbe trovarsi in pista, per poi sparire così, a tempo di musica. Indossa volentieri abiti con fiori stampati, beve cocktail, fuma sigarette e, talvolta, si concede qualcosa di più forte, pur confessando di temere la perdita di controllo. In una delle sue notti brave incontra un tipo, un certo Arnold, (John Turturro). Arnold (misterioso mandrillo) ha una carta vincente: occhi brucianti di desiderio. La guarda con insistenza e, fissandola, la cattura.
Dopo uno scambio di battute veloci, al banco del bar, subito la notte di fuoco. Gloria sinuosa, senza inibizioni. Inizia così una relazione tenera (lui legge per lei lunghe struggenti poesie) e passionale. Arnold, però, a differenza di Gloria, è imprigionato nei cliché: ha paura del giudizio degli altri: non sopporta che la gente possa additarlo perché, non più giovane, rincorre il sesso, e disponibili coetanee nei night club. Soprattutto Arnold sembra intrappolato in una situazione familiare ambigua. Sparisce ciclicamente, di punto in bianco, lasciando Gloria sospesa tra la rabbia e lo sconforto.
Gloria Bell, una donna libera
“Gloria Bell” è la storia semplice di una donna della porta accanto. Un appartamento modesto. Un lavoro nella media. Una pensione che quando (e se) arriverà non sarà un granché. Gloria, non una diva, né una stella di Hollywood. Bensì una signora che deve vedersela con noiose, grigie, beghe quotidiane. Ma Gloria non accetta l’appellativo di vecchia né di prigioniera. Non rinuncia a seppur minimi grammi di felicità. Considera dettagli il tempo che corre e se ne infischia degli acciacchi dell’età (ha problemi agli occhi). Gloria tira dritto, determinata; più tosta delle chiacchiere e dei pettegolezzi altrui. Somiglia ad un’altra eroina, Isabelle, nata dalla fantasia della regista e sceneggiatrice francese Claire Denis. Isabelle (Juliette Binoche), protagonista de “L’amore secondo Isabelle”. Isabelle certo non una fanciullina tuttavia decisa ad agguantare la gioia e l’appagamento dei sensi.
Il film di Claire Denis comunque risulta decisamente più vitale, voluttuoso e pungente (in questo il cinema francese è insuperabile) rispetto al lavoro di Lelio che delizia sì con sequenze interessanti ma, in fondo, molto merito è di Julianne Moore: è grazie a lei se restiamo incollati alla poltrona. Da segnalare nel cast la presenza della tedesca Barbara Sukowa, indimenticabile Lola, nel film omonimo del 1981, diretto da Rainer Werner Fassbinder. Una perla per cinefili.