American Beauty è il primo film di Sam Mendes, uscito nelle sale nel 1999. Vincitore di cinque premi Oscar, tra cui il premio al Miglior film nonché il premio al Miglior regista per Sam Mendes, è uno dei maggiori cult dell’ultimo decennio del Novecento (anche noi lo abbiamo inserito tra i Migliori film del decennio 1990-1999).
American Beauty: trama
Al centro della storia c’è Lester Burnham (Kevin Spacey), un uomo che soffre di crisi di mezz’età. Vive con sua moglie e sua figlia, una vita apparentemente perfetta, ma sotto la cui immagine si nasconde in realtà una profonda infelicità. Lester non riesce più a provare le stesse emozioni di quando era più giovane, finché non conosce Angela (Mena Suvari), la migliore amica di sua figlia, per la quale perde la testa. Accanto al racconto dell’ossessione di Lester per Angela, si sviluppano altre storyline che vedono le persone vicine a Lester vivere a loro volta una profonda crisi.
American Beauty: recensione e interpretazione
American Beauty rappresenta un caso di esordio particolarmente fortunato. Quando fu scelto per dirigere il film, Mendes aveva lavorato a teatro e in televisione e questa era la sua prima esperienza in campo cinematografico. American Beauty è però un film che dimostra una grande padronanza della macchina da presa e del linguaggio cinematografico. Merito della riuscita del film è ovviamente anche della sceneggiatura di Alan Ball, anche lui alla prima esperienza cinematografica, dopo aver lavorato in televisione.
La storia di American Beauty ruota attorno al concetto di bellezza, come suggerito dal titolo. L’american beauty è una varietà della rosa – icona del film, che ritorna spesso nella narrazione e che è presente anche nei poster promozionali – ma è anche il cuore tematico del film. La “bellezza americana” è l’apparente perfezione della vita borghese americana, che, una volta scavato sotto la superficie, rivela tutte le proprie contraddizioni e i propri lati oscuri. In tal senso, American Beauty è un vero e proprio dramma esistenziale, che finisce nel modo più tragico possibile, ma che viene messo in scena mascherandolo da commedia.
Il film si apre richiamando Sunset Boulevard per la scelta di raccontare tutto come fosse un flashback diegetico del protagonista subito dopo la sua morte. Un movimento di macchina dall’alto al basso, che nel finale si ribalterà, ci porta dai cieli di una città non definita fin dentro le sue strade. Veniamo così a conoscenza dei nostri protagonisti, seguiamo ognuno di loro, imparando a conoscere il significato che ognuno di essi dà alla bellezza. Tutti questi personaggi sono infelici, tutti loro cercano qualcosa che non hanno.
Questa ricerca della bellezza si declina nel loro modo di relazionarsi con la sessualità. Il modo in cui i protagonisti di American Beauty vivono la sessualità è indicativo della loro natura, del loro modo di dialogare con il mondo. Si pensi ad Angela, che finge con le sue amiche di avere un’intensa vita sessuale, solo perché in realtà si sente profondamente insicura. O Carolyn (Annette Bening), la moglie di Lester, che sembra ritrovare la felicità nel momento in cui la sua vita sessuale subisce una profonda svolta.
Ma da questo punto di vista è interessante analizzare in particolare i personaggi di Lester e del colonnello Fits (Chris Cooper), vicino di casa del protagonista. American Beauty è anche un film sulla mascolinità in crisi, raccontata attraverso due punti di vista diversi. Lester vuole riaffermare la propria autorità maschile su due donne, sua moglie e sua figlia, che ormai lo disprezzano. Per farlo cerca una donna per cui possa riprendere a provare attrazione sessuale e che a sua volta provi attrazione per lui. Trova questa figura in Angela, che per il corso del film diventerà il suo oggetto del desiderio, infatuazione raccontata attraverso momenti onirici in cui la ragazza diventa oggetto del “male gaze“, coniato da Laura Mulvey, esponente della critica femminista. A sua volta Angela vedrà in Lester, uomo che la desidera, la via per superare le proprie insicurezze.
Il colonnello Fits, invece, rappresenta la mascolinità più tossica. Alan Ball, dichiaratamente omosessuale e attivista per i diritti LGBTQI+, ha affermato di essersi ispirato a suo padre per la scrittura di questo complesso personaggio. Come si scoprirà verso la fine del film, Fits è omosessuale ma per tutta la propria vita ha represso questa sua natura, tanto da sposarsi e avere un figlio. Alcuni indizi del film fanno intuire che probabilmente sua moglie era consapevole dell’omosessualità del marito e una volta appresa la verità, le scene con lei protagonista assumono nuovo significato. Fits non riuscirà fino all’ultimo ad accettare chi è realmente, tanto da cacciare suo figlio fuori di casa quando sospetterà che anche lui è omosessuale e da arrivare a compiere il gesto estremo: dopo essere stato rifiutato da Lester, arriverà ad ucciderlo. American Beauty è un film in cui gli adulti escono sconfitti, in cui l’unica salvezza è consentita ai protagonisti più giovani.
Alan Bell scrive una sceneggiatura che si dipana attraverso numerosi fili ma in cui non si perde mai il senso complessivo. Tutte le sottotrame convergono nel finale, in un gioco di malintesi che porta al tragico epilogo, messo in scena con grande cura registica da Sam Mendes.
Ottimi tutti gli interpreti, da Kevin Spacey a Annette Bening, candidata all’Oscar per la sua interpretazione di Carolyn, da Mena Suvari a Chris Cooper, capace di offrire alla macchina da presa le varie sfumature e le ambiguità del suo personaggio.