Sesso, droga e rock and roll, si dice. Anche nella vita della leggendaria cantante Billie Holiday (1915 – 1959, morì a soli 44 anni) non mancarono sesso e droga; e questo film non risparmia i dettagli: aghi nella pelle, focosi amplessi nei camerini a soqquadro, corpi intrecciati, baci voluttuosi.
Ma Lady Day non era solo una Signora di palcoscenico, di applausi e luci della ribalta, di fiori tra i capelli, di abiti da sera e lunghi guanti che le coprivano le braccia rovinate dall’eroina. È stata anche una donna battagliera. Coraggiosa, sfidava il potere con una risata e si batteva contro le ingiustizie.
Il regista Lee Daniels (“Precious”, “The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca) lo racconta: Billie Holiday, paladina dei diritti civili. La polizia la tiene d’occhio. Un agente in incognito, fingendosi un ammiratore, la segue ovunque. Giovanotto ambizioso, deciso a far carriera e raggiungere, in fretta, gli scranni del potere. Però alla fine s’innamora perdutamente di lei. Cede al fascino. Le resta accanto fino agli ultimi giorni.
Billie Holiday andò in prigione a causa di un pezzo del suo repertorio. Una canzone considerata pericolosa: un incitamento alla rivolta, la ritenevano alcuni. Il titolo era “Strange Fruit” (Time l’ha definita il monumento musicale del secolo scorso). La politica intervenne: Billie Holiday andava fermata. Il brano denunciava come i bianchi trattavano gli afroamericani, che venivano uccisi e linciati in molte zone del Paese.
“Southern trees bear a strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root
Black bodies swinging in the Southern breeze
Strange fruit hanging from the poplar trees…“
(“Strange Fruit”)
Billie Holiday, una vita di dolore
“Gli Stati Uniti contro Billie Holiday” ripercorre i picchi e le cadute della carriera di Lady Day, interprete dalla voce sublime; voce carica di sofferenza e malinconia. Voce “blues”. Nel 1972 uscì un altro film su di lei. Il titolo era “La signora del blues” e l’interprete Diana Ross che conquistò una candidatura all’Oscar.
Qui, invece, protagonista è Andra Day (magnifica la sua performance). Andra Day è il motivo numero uno per vedere “Gli Stati Uniti contro Bille Holiday”. Semplicemente perfetta e vulnerabile. Attrice e cantante, Andra Day, si è preparata duramente per risultare al top. Non ha lasciato nulla al caso. Ha perso chili. Ha iniziato a bere e fumare, per apparire più credibile, più aderente al personaggio. Questo impegno profuso arriva al cuore del pubblico.
“Gli Stati Uniti contro Bilie Holiday” alterna attimi disturbanti ad altri patinati di puro show. Lee Daniels è un regista che sa rappresentare la violenza e spinge sul pathos. Come si è visto in una delle sue pellicole più significative “Precious”, film che resta incollato addosso. Una storia di emarginazione e solitudine.
La tragedia è stata parte anche della vita di Billie Holiday: da bambina abusarono sessualmente di lei. Sempre da piccola iniziò a lavorare come prostituta e Daniels ce lo fa vedere in una sequenza visionaria. Onirica è anche la scena che mostra l’orrore dei linciaggi.
Billie Holiday lavorò come prostituta. Fu tossicodipendente e alcolizzata. Il film – elegante nella fotografia e nella messinscena, è al contempo viscerale.
Andra Day, talento e carisma
Ad interpretare Billie Holiday è, appunto, una elettrizzante Andra Day, premiata con un Golden Globe per questo ruolo. Divora lo schermo, energica, fasciata in abiti Prada. Ovviamente la gardenia fra i capelli, tratto distintivo dello stile di Billie. Andra Day ha ricevuto una candidatura agli Oscar 2021. Co-protagonsita è l’ottimo Trevante Rhodes (“Moonlight”, “Bird Box”), solido e sensibile.
Il film possiamo definirlo un intreccio di realismo e sensualità. La sensualità è tangibile nelle scene di sesso tra Billie e i suoi uomini. “Gli Stati Uniti contro Billie Holiday” è un film seducente e amaro che mostra senza indugi il duplice destino di questa donna: una dea sorridente sul palcoscenico ma, terminata la musica, la diva, scivolava via negli abissi, avvolta nel buio della notte.