Una miscellanea tra The Undoing, The Good Wife e Riverdale
Anatomia di uno scandalo ha fatto appena ingresso nella programmazione Netflix e già sta ottenendo un vasto seguito. Colpisce da subito il ritorno alle scene di Sienna Miller (attrice che ultimamente non ha partecipato a un’ampia gamma di progetti); per cui, notando questa presenza nella locandina della serie, viene da dargli fiducia. Anatomia di uno scandalo fa capire inoltre, già dal principio, di oscillare tra il legal e il family drama, promettendo una suspense di un certo livello. Si vedrà come alcune aspettative vengono tradite man mano che gli episodi di questa miniserie si avvicinano alla fine ma come anche non sia proprio tutto da buttare. Ispirata al romanzo di Sarah Vaughan, la serie porta dietro di sé una lunga scia di considerazioni in merito proprio a questo primo tentativo di trasposizione su schermo.
Anatomia di uno scandalo – La trama
Siamo a Londra (più precisamente in zona Westminster). Il contesto sociale è quello dell’alta società e stavolta l’elemento di novità è rappresentato dal fatto che a essere coinvolta in uno scandalo è la famiglia di un ministro. James Whitehouse (il ministro in questione, interpretato da Rupert Friend) torna a casa e confessa alla bellissima moglie Sophie (Sienna Miller) di una scappatella che avrebbe avuto con una sua collaboratrice, membro anch’essa dello staff che lavora per l’emendamento della legge sull’immigrazione. Sophie reagisce stranamente bene (non sarà l’avventura di una notte a mettere a rischio l’amore della sua vita). Ben presto, tuttavia, dovrà ricredersi (diciamo anche abbastanza repentinamente) di tutte le certezze che aveva collezionato nel giro di quindici anni di matrimonio: si scopre che il marito è accusato di stupro e che quel fugace legame amoroso con la collega potrebbe avere dei risvolti legali capaci di distruggere il castello di carta che Sophie era riuscita a costruire nel tempo.
Parallelamente alle vicende giudiziarie, che prendono il via con l’intervento a gamba tesa dell’avvocato d’accusa Woodcroft, si assiste al progressivo sgretolarsi della stabilità familiare dei Whitehouse. A supporto di questa fase di difficoltà emotiva entrano in scena anche i flashback della vita universitaria di James e Sophie (costretta a questo punto a fare i conti con il passato): la ricerca della verità attuale sta anche nello scandagliare eventi che necessitano ora di tutt’altra lettura. In Anatomia di uno scandalo si persegue la verità su due livelli complementari: la verità giudiziaria e quella del cuore. È quindi un costante sforzo di comprensione, un’eterna lotta per la serenità personale ciò che i personaggi mettono in scena nella serie; le convenzioni sociali impongono che uno scandalo del genere abbia delle serie ripercussioni sulla vita comunitaria di coloro che ne sono coinvolti. Infatti, un altro fattore da tenere in considerazione, e che rema contro la felicità familiare, è la progressiva esclusione dai contesti sociopolitici che prima erano invece un rifugio sicuro e accogliente. Il mondo di Sophie sta per essere capovolto ma la verità richiede tempo; nel bene o nel male il raggiungimento dell’oggettività totale è un percorso mai banale.
Anatomia di uno scandalo – La recensione
Si arriva dunque all’analisi di Anatomia di uno scandalo e, tirando le somme, questa non può essere del tutto benigna. Senza svelare contenuti spoiler o rivelare il finale, si può dire che la serie sia volutamente pomposa, avvolta in una patina appariscente che conferisce tuttavia al prodotto un piglio sciapo. Rileva infatti una suspense poco efficace (a tratti anche assente del tutto). Esempio simbolico di questo registro è certamente l’incipit stesso, dove il passaggio da un semplice tradimento a un più grave stupro è inserito in scena in maniera molto sbrigativa. La storia, quindi, cambia ma prende una piega poco coinvolgente e scade nella banalità. Anche il voler presentare il marito come un’entità familiare di cui Sophie non si fida più è una scelta lasciata a dettagli scenici inseriti con un coraggio davvero invidiabile: mentre gioca a monopoli con i figli, James bara e tira fuori delle banconote (quelle famose del gioco) da un posto dove le aveva precedentemente nascoste. Tra le risate dei piccoli e lo stupore della moglie, si viene a conoscenza del fatto che quella scena è l’unica indiziata a dare carattere al personaggio di James Whitehouse, mai completamente figura trascinante o carismatica. Vedere che le oscurità che il suo passato cela sono introdotte a seguito di questo piccolo scenario casalingo è quasi snervante; non si può cominciare a spiegare un caso di violazione fisica attraverso un esempio così insignificante. Sophie invece appare come la classica figura di moglie dedita alla vita familiare e la sua evoluzione (seppure voluta e ricercata) non avviene quasi mai del tutto. Anche la ricerca della verità su suo marito non la rende praticamente mai partecipe dell’opera (rimanendo uno dei personaggi presi e messi insieme per necessità). Sienna Miller fa la sua figura nella parte della donna sconvolta da uno scandalo che rischia di sgretolare l’integrità familiare ma non fa mai quel passo in più che potrebbe portare uno spettatore a restare incollato allo schermo (il suo indagare sembra talvolta progredire per inerzia).
Con la rivelazione del passato e della vera identità dell’avvocato Woodcroft, Anatomia di uno scandalo tocca il suo picco massimo e lascia lo spettatore in parte sbigottito e in parte sollevato di non dover più far finta di cedere a un pulp mai concretizzatosi del tutto. Rimangono, in ogni caso, degli aspetti positivi come, ad esempio, lo svolgimento del processo in tribunale: l’ambientazione sfarzosa e la modalità che il regista ha implementato per fare interagire le parti è godibile. Si può dire che, nel momento in cui la serie fuoriesce dal family drama e diventa una legal story a tutti gli effetti, il risultato è apprezzabile. Il rischio più grande è che ci sia una seconda stagione (più che possibile, dato il finale aperto) ma quegli stessi spiragli lasciati aperti possono anche lasciar presagire uno stop (dipenderà tutto dagli ascolti che, in ogni caso, sono buoni). Per concludere si può dire che, in partenza, Anatomia di uno scandalo non offra dei contenuti troppo originali: vi è un collage di più assiomi televisivi già sperimentati in precedenza: Sophie è una versione più spiccatamente alto-borghese di Julianna Margulies in The Good Wife, la quale vive un trauma familiare come in The Undoing ma il cui passato da ragazza brillante all’università la riporta a ricordare scandali e morti sperimentate da studentessa (come se ci si trovasse in una Riverdale più posh). L’esito finale di questo minestrone è un tentativo di intrattenere che non risulta nemmeno maldestro ma più marcatamente piatto e monotono.