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The Conjuring: Per ordine del diavolo – Michael Chaves e James Wan tra cinema horror popolare e autoriale

The Conjuring – James Wan e il nuovo cinema horror popolare

Nell’ormai lontano 2013 L’evocazione – The Conjuring, il primo capitolo di quello che di lì a poco sarebbe diventato un fortunatissimo franchise cinematografico horror a cura di James Wan viene distribuito nelle sale cinematografiche di tutto il mondo.

Il film di Wan compie un percorso sorprendentemente complesso a causa della Motion Picture Association of America che distribuisce il film con il visto censura Rating – R, il quale ne vieta la visione ai minori di 17 anni non accompagnati sottraendo di fatto il film al suo target di riferimento.

I tentativi del regista di tagliare alcune scene pur di ammorbidire il visto censura risultano vani poiché a detta della Motion Picture Association of America non sono tanto le scene ad essere cruente o scandalose, quanto il film decisamente troppo pauroso per il pubblico adolescenziale cui Wan intende rivolgersi.

I test screening consegnano un’accoglienza molto positiva e in breve tempo il primo capitolo di quello che sarebbe in seguito divenuto il franchise horror popolare più noto del cinema americano d’oggi sbanca al botteghino raggiungendo ottimi consensi da parte della critica (e del pubblico) internazionale.

Nonostante la grande limitazione imposta dalla Motion Picture Association of America, The Conjuring raggiunge inoltre il record di film horror con visto censura “Restricted” (R) dal maggior incasso nella sola giornata d’apertura, incassando la cifra di diciassette milioni di dollari a fronte di una spesa produttiva totale di venti.

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The Conjuring. Una nuova forma di paura. Una nuova forma di terrore

Il film di Wan è un successo e la nuova formula della coppia di sposini ed esorcisti/investigatori del paranormale (realmente esistita) composta da Ed e Lorraine Warren funziona perfettamente.

I coniugi Warren riletti da Wan diventano una sorta di personaggio unico, a metà strada tra Costantine e Dylan Dog.

Due innamorati che per lavoro si trovano a seguire i più disparati, macabri ed inquietanti casi demoniaci della storia americana, una formula che convince tanto i produttori quanto il pubblico, aprendo la strada ad una trilogia principale e ad altre serie cinematografiche spin – off tra le quali Annabelle e The Nun.

The Conjuring: Per ordine del diavolo
George e Kathy Lutz – The Amityville Horror (1979). Uno dei principali riferimenti di James Wan e Michael Chaves

Il primo capitolo della trilogia principale riferendosi chiaramente al cinema horror degli anni settanta e più nello specifico a titoli come Amityville Horror e The Haunting in Connecticut compie una sorta di operazione nostalgia ripetendo quell’esperienza cinematografica dalle atmosfere grottesche e ancora fortemente influenzate dal gotico aggiornandole all’oggi e a tutti quelli che sono i nuovi canoni del cinema horror, a metà strada tra autoriale e popolare.

A distanza di tre anni, nel 2016 Wan torna al suo franchise dirigendo e firmando in qualità di co-sceneggiatore il secondo capitolo, The Conjuring – Il caso Enfield che conferma le doti di Wan come autore horror popolare senza però raggiungere lo stesso consenso e successo del film precedente.

Il film infatti è differente sia sul piano della paura, sia su quello del racconto familiare che sembra in ogni caso essere centrale all’interno della trilogia The Conjuring. Il passaggio dall’ambientazione americana rurale nebbiosa ed evocativa, a quella cittadina e fin troppo convenzionale gioca inoltre a sfavore e le sorti del film non risultano granché fortunate. 

Cinque anni dopo, a ridosso dell’estate del 2021 il terzo (e probabilmente conclusivo) capitolo della trilogia principale esce nelle sale, si tratta di The Conjuring – Per ordine del diavolo.

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Cinema horror e Sentimental drama

The Conjuring . Per ordine del diavolo. Sulla traccia narrativa del romantic e drama movie

Ancora una volta Wan si affida alla coppia d’esorcisti e investigatori del paranormale Ed e Lorraine Warren – interpretati rispettivamente da Patrick Stewart e Vera Farmiga – e dunque alla resa cinematografica di una vicenda realmente accaduta (come già era stato per i due film precedenti) e unica nel suo genere per una traccia di narrativa giudiziaria assolutamente inedita, tanto per il franchise quanto per la storia americana.

L’evento cui Michael Chaves, regista di The Nun (Spin-off di The Conjuring) e ancor più David Leslie Johnson – McGoldrick sceneggiatore del secondo capitolo si interessa è quello di Arne Cheyenne Johnson (Ruairi O’Connor), un giovane americano di provincia accusato d’omicidio e riconosciuto a seguito di attente indagini come posseduto da spirito demoniaco, lo stesso spirito che lo ha dunque indotto ad uccidere, come lo stesso titolo del film sottolinea.

Giunto al terzo capitolo però James Wan abbandona la regia restando comunque ancorato al progetto di cui è a tutti gli effetti creatore, nelle vesti questa volta di produttore esecutivo, ruolo che gli permette di controllare la sua creatura senza influenzarla più del necessario e tuttavia senza svanire completamente rispetto a stile ed estetiche. 

Ciò che è immediatamente evidente è che l’horror all’interno del film copre una traccia e area narrativa secondaria rispetto alla grande novità di questo terzo capitolo, ossia il romantic-drama.

The Conjuring: Per ordine del diavolo
Il racconto del sentimento che vive e sopravvive a demoni e incubi

L’aspetto legal thriller per quanto apparentemente centrale e indubbiamente interessante si rivela infatti pressoché inesistente, lasciando spazio come già detto alla centralità del sentimento tra i due coniugi Warren nella soluzione del loro nuovo caso.

I flashback si rincorrono numerosi raccontando non più gli incubi e i traumi orrorifici del passato, come avveniva nei due precedenti capitoli di Wan, piuttosto l’incontro in gioventù tra Ed e Lorraine e dunque la nascita del loro sentimento, apparentemente immortale e inscalfibile.

Cinema e cultura di massa. Un Franchise sul cammino della rivoluzione

Chaves torna alle origini del cinema horror citando L’esorcista di William Friedkin

Il film di Chaves è colmo di citazioni cinematografiche che vengono riversate una dietro l’altra nei primi minuti del film, quelli probabilmente più d’impatto poiché legati all’estetica horror e per certi versi surreale dell’esorcismo fai da te che aveva fatto centro con i due precedenti capitoli.

I rimandi più espliciti e diretti sono legati ad opere quali, L’esorcista, Psycho, Carrie e Shining che svolgono qui una funzione debitoria, affrontata già in precedenza da James Wan e sottolineata questa volta da Michael Chaves che però compie un passo in più.

Se infatti l’aspetto del citazionismo debitorio indissolubilmente legato all’amore per il cinema sembra giustificare il vortice di cannibalismo cinematografico del franchise The Conjuring, Chaves consapevole del punto di non ritorno cambia le carte in tavola. Proprio per questo stravolge i canoni del franchise, alla ricerca di una nuova traccia, una nuova esplorazione nei generi. Da quel momento tutto cambia. A partire da un’ondata di stranezze ed elementi buffi, i quali non fanno altro che allontanare sempre più il pubblico di riferimento da ciò che il film sarebbe potuto essere, ossia un horror in piena regola, conducendolo invece verso il dramma e il cinema sentimentale che prende prepotentemente piede attraverso l’escamotage della patologia cardiaca di Ed Warren (Patrick Stewart).

Si potrebbe guardare a questo film come un tentativo di mistificazione non soltanto della realtà che intende raccontare, contrapponendola spesso e volentieri ad alterazioni temporali, spaziali e di senso, ma anche e soprattutto del suo cinema d’appartenenza.

The Conjuring: Per ordine del diavolo
Body Horror e Dramma si inseguono lasciandosi reciprocamente respiro narrativo in un film di svolta evidente.

The Conjuring – Per ordine del diavolo attraverso la mistificazione e l’uso ripetuto del depistaggio (ai danni del pubblico e degli stessi protagonisti) resta comunque un film piuttosto inquietante, specialmente rispetto a due elementi:

Il primo ha a che fare con il grande e attento lavoro sugli ambienti, basti pensare al Mulino Rosso dell’esorcista ormai in pensione.

Il secondo invece si riferisce al male incarnato questa volta in una dimensione decisamente più terrena, concreta e per questo realmente spaventosa, nonostante il film non perda di fatto la sua originaria vena sovrannaturale.

Ciò che è chiaro è che questa volta non si indaga il male come entità, piuttosto come conseguenza e scarto della società. 

Chaves inoltre sembra riflettere con grande impegno e ricerca stilistica sulla rivoluzione degli strumenti narrativi su cui il franchise ha poggiato fino ad oggi, ossia i jump scares, ridotti questa volta al minimo indispensabile e costruiti in maniera decisamente più complessa.

Una scelta votata all’inseguimento di alcune regole da cinema per certi versi action e muscolare che allontana ulteriormente questo terzo capitolo dalla sua materia (e forse pubblico?) originaria.

Un film sorprendente e coraggioso di rottura e reinvenzione legato ad una nuova forma di ricerca linguistica e stilistica tra i generi e la cultura popolare. Non è infatti casuale l’uso in termine narrativo e drammaturgico della notissima traccia pop Call me dei Blondie che in questo caso chiama e veicola la paura.

Cinema e cultura di massa. Un Franchise sul cammino della rivoluzione.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Con The Conjuring-Per ordine del diavolo, Michael Chaves raccoglie una pesante eredità cinematografica dalla giovane promessa James Wan riflettendo sulla cultura e il cinema horror popolare e autoriale, dando vita ad un'opera ibrida e fortemente debitoria dei grandi capolavori del cinema horror del passato.
Redazione
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