La regista della miniserie Netflix “Unorthodox” è in sala con “I’m Your Man”: la storia di una sorprendente relazione tra una donna e un robot. Una convivenza obbligata e un romanticismo programmato che hanno molto da dirci sulle nostre “umane” relazioni sentimentali.
I’m Your Man, presentato in anteprima all’ultima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, indaga temi quali la vulnerabilità da nascondere e il pragmatismo da esibire, la ricerca dell’amore, l’inconsistenza della felicità e il peso dell’autocontrollo. Se il partner dei nostri sogni bussasse alla porta, conoscendo le parole giuste per conquistarci, quale accento simulare per sedurci, quali gesti approntare per incantarci, riusciremmo a non innamorarcene? Se quel partner perfetto fosse stato creato in laboratorio e se la sua eccezionale corrispondenza ai nostri ideali fosse frutto di un impeccabile algoritmo che effetto ci farebbe?
I’m Your Man: la trama
Alma (Maren Eggert) si lascia convincere da un superiore a portare a termine uno strano compito. Dovrà testare un nuovo prodotto tecnologico tenendolo a casa con sé per tre settimane. No, non si tratta di una TV 4K né di un aspirapolvere robot. Ma di Tom, il partner umanoide dei sogni, realizzato per corrispondere esattamente alle aspirazioni romantiche di Alma.
Lei è donna pragmatica, indipendente, fiera della stabile solitudine che ha saputo difendere, soddisfatta per non essersi condannata all’infelicità di relazioni disfunzionali. Al primo appuntamento, gli occhi blu di Dan Stevens (il mai dimenticato Matthew Crawley di Downton Abbey) la ammaliano, ma il suo romanticismo “programmato” si inceppa. Formula solo una deludente banalità: “I tuoi occhi sono come due laghi di montagna in cui vorrei sprofondare”.
Più l’algortimo di lui cerca di soddisfare il compito per cui è stato creato, più lei è infastidita. Disprezza i suoi luoghi comuni, la sua incapacità di sorprenderla, la sua perfetta compostezza. Alma è infastidita dalla robotica presenza che non fa che mettere ordine dove lei vorrebbe regnasse l’umana confusione. E ad irritarla, forse anche più del sentimentalismo meccanico di Tom, è l’idea che lui sia stato creato appositamente per lei. Possibile che il suo uomo ideale sia così banale?
E mentre lui la attende in una calda vasca da bagno, tra candele e petali di rosa, convinto che se “il novantatré percento delle donne tedesche lo sogna” anche Alma non potrà restare indifferente a vapore e champagne, lei si convince che l’amore sia cosa troppo umana per essere simulata artificialmente. Ma l’algoritmo di Tom sa riprogrammarsi in base alle reazioni di Alma: le sue risposte diventano più taglienti, i suoi gesti meno prevedibili, il suo sguardo meno vitreo. Tom accanto ad Alma apprende come improvvisare, come sorprendere, come immaginare. Immaginare quel passato che non hanno condiviso, quell’infanzia che non ha mai vissuto, quell’umanità che non gli appartiene. Alma rivendica il diritto di essere triste, disordinata, infelice e Tom disimpara la meccanica perfezione.
“I’m Your Man” esplora le origini del nostro desiderio, si domanda di che sostanza siano fatte le nostre illusioni e di quale natura sia la dipendenza della contemporaneità dalla tecnologia. Per sottrarci al peso della solitudine rinunceremmo alla realtà? O forse questo è già accaduto e lo stretto laccio che ci connette gli uni agli altri è già robotica-mente realizzato, illusorio e algoritmicamente pensato per rispondere alle nostre preferenze.
Gli amanti artificiali che popolano lo schermo
I’m Your Man, il film di Maria Schrader, è ispirato a un racconto di Emma Braslavsky ed è già stato premiato in Germania (German Film Award per miglior film, miglior sceneggiatura, miglior regia e miglior attrice protagonista a Maren Eggert). Il film ora in sala è stato scelto per rappresentare il Paese agli Oscar 2022.
Una commedia romantica solo apparentemente leggera che aggiorna il tema della relazione uomo/intelligenza artificiale (anzi donna/intelligenza artificiale) e riflette sul senso della solitudine e sul valore dell’illusione, domandandosi se un mondo su misura possa davvero soddisfare ogni nostro desiderio.
Gli amanti artificiali popolano da tempo la cinematografia, da Jude Law per A.I. di Spielberg, alla creatura digitale di Her di Spike Jonze (capace persino di annoiarsi del suo proprietario umano, malgrado abbia il fascino di Joaquin Phoenix), fino all’umanoide Ava (Alicia Vikander) in Ex-Machina di Garland. Potremmo persino tornare indietro alla danza della Maria-robot di Metropolis e continuare a ricercare esempi di umanoide seduzione sino alla robotica seriale di Westworld, con le sue creature programmate per soddisfare la fame di violenza di uomini annoiati.
I’m Your Man: la commedia che riflette sulla concretezza dell’illusione
I’m Your Man è una commedia squisita, malinconica, riflessiva. I dialoghi sono rapidi, taglienti, scritti così abilmente da non suggerire mai l’impressione che vi siano parole superflue. Maren Eggert (Alma) e Dan Stevens (Tom) indossano alla perfezione i guantoni dello scontro romantico umano/macchina. Tra gli interpreti si segnala anche la presenza di Sandra Huller (Orso d’argento a Berlino per l’interpretazione in Requiem) che potreste ricordare in uno dei film tedeschi di maggior successo degli anni recenti, Vi presento Toni Erdmann, su Amazon Prime Video).
I’m Your Man è una commedia astuta come solo le commedie migliori sanno esserlo. Un racconto amaro che potrebbe persino incoraggiarci ad abbandonare rapporti dannatamente umani e disfunzionali in favore di algoritmi e romanticismo preconfezionato. Il richiamo della felicità, per quanto illusoria, non è forse sempre irresistibile? L’imperfettissimo sentimento umano è sempre preferibile? Che poi in fondo non si finisce sempre per innamorarsi perdutamente solo delle nostre stesse aspettative? Non siamo già addestrati da una vita ad innamorarci di un’illusione?