Chi non vorrebbe, nella propria casa, una stanza dove poter vedere esaudito ogni tipo di desiderio? E’ questo l’antefatto da cui parte il secondo lungometraggio del francese Christian Volckman: The Room – La stanza dei desideri (2019). I protagonisti sono una giovane coppia che decide di trasferirsi in una vecchia dimora in aperta campagna per dimenticare un periodo difficile della loro vita. Presto Matt (Kevin Janssens) e Kate (Olga Kurylenko), questi i loro nomi, si accorgono che c’è una stanza segreta in quella casa dove ogni fantasia può incredibilmente prendere corpo. Occorre solo pronunciare ciò che si desidera e poco dopo è là, davanti ai loro occhi. Che si tratti di celebri dipinti, di gioielli o di enormi quantità di denaro. L’euforia ha presto il sopravvento e i due, senza badare alle conseguenze, chiedono il desiderio più importante, quello che la natura non gli vuole concedere: essere genitori. La stanza esaudisce il loro sogno ma con l’arrivo del neonato le cose rapidamente cambiano. Matt e Kate scoprono l’amara verità. Tutto ciò che la casa dona non può uscire da quelle mura, compreso il bambino che varcando la porta rischierebbe di morire. La casa diventa una trappola, una gabbia nella quale i due devono necessariamente stare se vogliono provare la gioia di essere genitori.
A guardare la prima parte di The Room vengono subito in mente alcuni celebri film horror per via soprattutto degli elementi narrativi che sono pressoché identici. Matt e Kate richiamano alla memoria i ben più celebri coniugi Lutz, quelli tra i primi ad avere a che fare con una casa maledetta nella pellicola cult Amytiville Horror. Malgrado anche loro fossero al corrente dei fatti macabri avvenuti tra quelle mura (così come Matt e Kate), vi si erano trasferiti ugualmente, convinti che nulla di tragico sarebbe potuto accadere. Gli eventi inquietanti non erano tardati ad arrivare e la famigliola era fuggita in tutta fretta. Negli anni Ottanta un giovanissimo Sam Raimi gira il film cult La casa (Evil Dead) nel quale un gruppo di giovani se la deve vedere con oscure creature maligne. Qualche anno dopo, la dimora di Poltergeist, del compianto regista Tobe Hooper, diventa probabilmente la più infestata della storia del cinema. Costruita su un vecchio cimitero, c’era voluta un’equipe di esperti per liberarla dagli spiriti inquieti. Da sempre il cinema horror ha proposto numerose pellicole in cui la casa, che più di qualsiasi altro luogo dovrebbe trasmettere pace e tranquillità, diventa lo spazio ideale per eventi terribili e spaventosi. The Room non è da meno e le situazioni in cui i protagonisti si trovano coinvolti dimostrano che Volckman (in veste anche di sceneggiatore) deve aver fatto una scorpacciata di queste pellicole. Ciò che magari lo differenzia dalle altre pellicola è che in The Room di spiriti maligni non sembra esserci traccia. E’ la casa stessa ad essere una sorta di creatura malefica che prende vita e si ribella agli inquilini quando vogliono andare via. Il sistema elettrico così antico, composto da numerosi fili aggrovigliati sono il suo cuore, il meccanismo che permette alla casa un tale prodigio.
Dopo una prima parte, che è un accumulo poco originale di storie macabre ben più note, The Room, con l’arrivo del bebè cambia direzione. Generato dalla casa, il bambino diventa presto un giovanotto che prova (anch’egli) dei desideri e che quando vede i genitori fare l’amore, dalla fessura della porta, pensa bene di sostituirsi a Matt prendendone le sembianze. I riferimenti al complesso edipico sono evidenti così come quelli al mito di Frankenstein. Il ragazzotto smarrito, perduto, che non comprende chi esattamente sia sembra uscito dal romanzo di Mary Shelley e sebbene compia azioni spregevoli suscita quasi una sorta di tenerezza. Il suo unico punto di riferimento è la casa e capendo che non ha posto fra gli umani si ribella a un tragico destino.
Ciò che non convince di The Room è che ha l’ambizione di voler essere tante cose al tempo stesso: un film dalle atmosfere horror, un trattato psicologico e una severa lezione morale sulla condizione umana, sull’ egoismo, sull’incapacità di comprendere le conseguenze delle nostre azioni. “Non esistono scorciatoie per realizzare i desideri, ” pare voglia suggerirci, “Ce li dobbiamo sudare”. Si tratta di una riflessione scontata e già troppe volte impartita da questo genere di film. The Room proprio per via di un racconto che non è lineare e che per la verità non è neanche così coinvolgente risulta pasticciato, vuol essere tante cose ma in fondo non ne è nessuna. Anche il finale che vorrebbe creare un certo sconcerto non ci riesce e chiunque guarda il film può facilmente intuirlo già a metà della pellicola.