HomeAzioneMiami Vice: molto più di un perfetto film d’azione

Miami Vice: molto più di un perfetto film d’azione

Gli agenti Sonny Crockett e Ricardo Tubbs tornano a combattere il narcotraffico in una delicata operazione sotto copertura, densa di tensione e sparatorie sapientemente portate sullo schermo dal maestro del moderno cinema d’azione Michael Mann.
La fedele coppia di agenti della polizia di Miami sembra affrancarsi dal patinato scenario in cui il pubblico del noto telefilm degli anni ’80 era solito vederli agire: Sonny e Rico, reclutati dall’ Fbi, sono chiamati ad infiltrarsi in un’associazione criminale e violenta di portata internazionale. Non solo la città di Miami sarà lo sfondo delle loro gesta, ma anche la seducente Cuba e la misteriosa Colombia, fotografate in riprese mozzafiato, sono affascinante cornice di questo poliziesco uscito nelle sale nel 2006.

Sonny e Rico

La pellicola veste a pennello i panni del perfetto film d’azione: l’utilizzo di mezzi veloci e non convenzionali come le belle auto, i motoscafi e gli aeroplani, le sparatorie e le esplosioni spettacolari, la presenza di spietati e onnipotenti criminali contrastati da agenti dediti alla giustizia. Ma “Miami Vice” non è solo un ineccepibile action-movie: l’indagine introspettiva dei personaggi non viene mai sacrificata sull’altare degli stereotipi che definiscono il genere. Sonny e Rico sono ottimi agenti, capaci e determinati, ma si mostrano allo spettatore come uomini che soffrono, faticano, annaspano, lì ai margini dell’esistenza, dove la vita sotto copertura li ha condannati.

Lo sguardo della Passione tra Rico e Isabella

A cinque anni di distanza da “Alì”, crudo e forte biopic del miglior peso massimo di tutti i tempi, e solo due anni dopo “Collateral”, il film che ha reiventato Tom Cruise, il maestro Mann trasforma la Miami di Don Johnson in un mondo che sa andare ben oltre le seducenti immagini del telefilm.
“Miami Vice” gode di una regia adrenalinica e coinvolgente: lo spettatore è chiamato a seguire i movimenti degli attori da vicino, puntando loro gli occhi addosso, indagando i volti e decifrandone le emozioni; mentre la tensione si mantiene alta, palpitante, grazie alle riprese estremamente realistiche e all’uso sapiente del montaggio.
I personaggi si svelano allo spettatore come sfaccettati e complessi, all’interno di una trama che, a differenza di altre opere del regista, potremmo definire piuttosto lineare e meno articolata. L’attenzione qui è tutta per gli sguardi, per le attese, per gesti ed azioni di personalità mai graniticamente descritte quali buone o cattive.

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Sonny (Colin Farrell) e Rico (Jamie Foxx) sono personaggi quasi perfettamente definiti da ciò che fanno: si presentano allo spettatore fin dalle prime scene immersi nel proprio lavoro, all’interno di un locale affollato, li si osserva quasi sempre in servizio, in quella che sembra una totale fusione fra vita professionale e privata, per poi essere lasciati, alla fine del film, a riprendere le fila delle loro vite dopo l’ennesima, e di certo non ultima, missione. I nostri irreprensibili agenti in “Miami Vice” non sono però eroi incrollabili: esitano, indugiano, sembrano poter lasciarsi travolgere dagli accadimenti. La determinazione di Rico vacilla a seguito dell’incidente che colpirà Trudy, sua compagna di vita e collega, e solo la consapevolezza nel sapere che la donna ha scelto e voluto condurre una vita complessa quanto la sua, lo porterà ad affrontare con coraggio lo scontro finale con i trafficanti.


Sonny, che vedremo attratto fin dal primo scambio di sguardi da Isabella (Gong Li), compagna e socia in affari del criminale Arcangel de Jesus Montoya, intraprenderà con lei una passionale relazione nonostante le evidenti controindicazioni.
Isabella si racconta come una donna indipendente, che rimane legata al circuito illecito non per sudditanza o sottomissione, ma solo perché il mondo del crimine è l’unico che abbia imparato a conoscere. La storia d’amore fra Sonny ed Isabella è raccontata allo spettatore fin dall’intesa iniziale come quel sentimento che sa colmare le mancanze, curare le vecchie ferite. Un amore che fa sentire meno soli, che consola e sa liberare dai ruoli in cui ci si sente costretti, fosse anche per qualche breve istante. “Non è una buona idea e non ha futuro. Per questo non c’è nulla di cui preoccuparsi” sancisce disilluso il personaggio interpretato da Farrell prima di baciare Isabella appassionatamente in un caffè de L’ Avana. Eppure di quella donna, così apparentemente diversa da lui, conosciuta nei panni dell’infiltrato, sa di essersi innamorato; e come si può tornare alla verità quando l’amore lo si è conosciuto nella finzione?

Isabella

L’introspezione e l‘umanità di tutti i personaggi sono oggetto di grande attenzione ed interesse per il regista che, con scene capaci di sottolinearne la valenza espressiva, mediante i primi piani, realizza una sorta di montaggio interno alla singola inquadratura.
I personaggi di Mann rimangono fedeli a loro stessi e alla loro natura, non potendo sottrarsi al loro ineluttabile destino. Dopo aver messo in campo i propri sentimenti e la propria abilità, di esperto agente o criminale professionista, non si sottraggono ai doveri imposti dal loro ruolo: l’amore fra Sonny e Isabella può trovare spazio in un’esistenza in cui i loro mondi hanno potuto incontrarsi solo per un tempo così limitato?

Se la serie televisiva “Miami Vice” aveva coinvolto il pubblico miscelando il genere poliziesco ad un’estetica di cui ricordiamo gli abiti Armani e le auto Ferrari, il film offre la possibilità a Michael Mann di rielaborare una sua creazione in una chiave più realistica e moderna. La pellicola conquista di certo una posizione di rilievo all’interno della cinematografia di genere, grazie alla grandiosa capacità del regista di fotografare il professionismo criminale, indagando le esistenze degli uomini che lo animano o lo combattono. Neppure quando il film sembra regalare eccessivo spazio al romanticismo e alla passione dei protagonisti si perde di vista il desiderio di conoscere l’uomo e la sua natura, fatta di azioni coraggiose ma pur sempre accompagnate da debolezze e paure.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Il film è lo specchio della maestosa cinematografia di Micheal Mann. Imprevedibile, infuocato da brusche accelerazioni, traboccante d'azione e raffinatezza stilistica. Una pellicola ricca di tensione, con scene iperealistiche che tolgono il fiato.
Silvia Strada
Silvia Strada
Ama alla follia il cinema coreano: occhi a mandorla e inquadrature perfette, ma anche violenza, carne, sangue, martelli, e polipi mangiati vivi. Ma non è cattiva. Anzi, è sorprendentemente sentimentale, attenta alle dinamiche psicologiche di film noiosissimi, e capace di innamorarsi di un vecchio Tarkovskij d’annata. Ha studiato criminologia, e viene dalla Romagna: terra di registi visionari e sanguigni poeti. Ama la sregolatezza e le caotiche emozioni in cui la fa precipitare, ogni domenica, la sua Inter.

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