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The Boy And The Beast

Prima di Mirai, film presentato a Cannes nel 2018, l’animatore Mamoru Hosoda aveva scritto e diretto The boy and the beast, il suo film che finora ha avuto maggior successo commerciale. The boy and the beast è un racconto di formazione che segue la vicenda legata a doppio filo dell’umano Kyuta e della bestia Komatetsu.

the boy and the beast

Kyuta è un ragazzino di nove anni rimasto orfano di madre che, impossibilitato a vivere col padre, scappa dalla casa dei nonni materni e vaga da solo per Shibuya, quartiere molto popoloso di Tokyo. Attraverso uno strano labirinto scopre un mondo parallelo, il mondo delle bestie, in cui l’orso Komatetsu, forte ma dal temperamento collerico, ha bisogno di un discepolo per potere diventare Gran Maestro di Jutengai, l’equivalente delle bestie del quartiere di Shibuya. Con un temperamento ugualmente vulcanico, Komatetsu e Kyuta instaurano un rapporto di maestro e allievo, che si ribalta più volte. La presenza di un umano nel mondo delle bestie però è una minaccia dell’equilibrio, soprattutto per uno dei due figli dell’altro contendente a diventare Gran Maestro, il cinghiale Iozen.

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Komatetsu contro l’avversario Iozen

Fin dalla prima immagine, il film mette in scena esattamente tutti e tre quelli che saranno i temi portanti dell’opera. Il film si apre con due fiammelle rosse su uno sfondo completamente nero. Le fiammelle sembrano due occhi di animale e questo è il primo suggerimento visivo. Il secondo è sicuramente il fuoco, caratteristica determinante dei protagonisti e vista nella sua opposizione con l’acqua e con il colore blu della battaglia finale. Non a caso, nella patologia umorale, tra i quattro temperamenti (collerico, sanguigno, melanconico e flemmatico), quello collerico è classicamente abbinato all’elemento del fuoco. E infatti Komatetsu è visto come una figura burbera, poco ragionevole e che si lascia prendere facilmente preda dell’ira. Nel corso del film però questo fuoco muterà progressivamente di accezione, diventando passione per il combattimento e soprattutto amore paterno. Il fuoco infatti è ciò che riesce a mettere in contatto Komatetsu e il piccolo Kyuta: entrambi testardi, sono gli unici che sanno come spronarsi a vicenda, attraverso la competizione, i rimbecchi e le prese in giro.

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Kyuta si allena con Komatetsu

Il terzo tema che suggerisce la prima inquadratura è sicuramente il più prolifico, ovvero quello della duplicità. Le due fiammelle sono sicuramente un’opposizione che diventa identità, a rappresentare certamente i due diversi ma intrinsecamente simili Kyuta e Komatetsu, uno umano e l’altro bestia, ma padre e figlio putativi e anche maestro e allievo. A un certo punto, Kyuta diventa lui stesso maestro di Komatetsu perché imita perfettamente i suoi passi e le sue mosse fino ad anticiparli: arrivando ad essere una cosa sola diventano più forti anche separatamente, esattamente come succede nella battaglia finale. Ma la duplicità e l’opposizione è un fil rouge in tutti gli aspetti del film. Prima di tutto, come abbiamo già detto, quello visivo. Il fuoco rosso e la balena blu sono le due forze che si scontrano nella bellissima battaglia finale. La duplicità però si trova sicuramente nell’ambiente e nella storia, che appunto si sdoppia tra i due mondi, quello delle bestie e quello degli umani, ma in particolare dentro Kyuta.

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L’opposizione tra il blu dell’ambiente e il rosso dentro Kyuta

Kyuta ha infatti due mondi, due padri e due nomi. Nel mondo delle bestie, il suo nome è Kyuta e suo padre è il suo maestro, Komatetsu. Nel mondo degli umani, il suo nome è Ren e suo padre è il suo padre biologico. Kyuta mostra anche due attitudini diverse tra un mondo e l’altro. Nel mondo delle bestie sa combattere, nel mondo degli umani vuole studiare e inizia con il leggere Moby Dick, la cui immagine della balena sarà fondamentale per lo scontro finale. Il particolare di Moby Dick e della metafora della balena bianca come conflitto con sé stessi, come spiega il personaggio di Kaede, ci conduce all’ultima e più vitale opposizione, quella dentro Kyuta.

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Fin dall’inizio, Kyuta vede un altro sé stesso, un sé stesso buio, con gli occhi vuoti e un buco in mezzo al petto. Nel mondo delle bestie infatti, gli umani vengono visti con sospetto perché è noto che conservano un’oscurità dentro e molti finiscono per soccombere alle tenebre. In più di un’occasione, per odio e per rabbia, Kyuta è sull’orlo di soccombere ma grazie a Kaede e soprattutto al fuoco di Komatetsu capisce come combattere contro la propria oscurità e renderla appunto fuoco, un elemento non distruttivo ma anzi costruttivo, se derivato dall’amore, dalla passione e dalla giustizia. Un altro doppio si trova nella figura di Hichiroiko, umano cresciuto da belve che, confuso tra due identità che vede come contrastanti, si fa risucchiare dalle tenebre.

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Il doppio di Kyuta

La chiave di volta per Kyuta quindi è quella di saper conciliare il suo essere umano di nascita con il suo essere bestia di attitudine, con le caratteristiche che ne susseguono: il fuoco dentro, ma allo stesso tempo disciplina e temperanza, intelligenza ma non sterile razionalità. Inoltre, a convivere insieme, due creature sole di due mondi diversi, Komatetsu e Kyuta dimostrano che c’è ricchezza nella diversità e che bisogna aprirsi agli altri per crescere e imparare.

The boy and the beast si dimostra una bella favola intellegibile su piani diversi a seconda dell’età degli spettatori, arricchita da bei disegni spigolosi e suggestivi e con personaggi di contorno azzeccati.

Voto Autore [usr 3,0]

Marianna Cortese
Marianna Cortese
Attualmente laureanda in Lettere Moderne, ho sempre avuto un appetito eclettico nei confronti del cinema, fin da quando da bambina divoravo il Dizionario del Mereghetti. Da allora ho voluto combinare cinema e scrittura nei modi più diversi e ho trangugiato di tutto: da Kim Ki-Duk a Noah Baumbach, da Pedro Almodovar a Alberto Lattuada. E non sono ancora sazia.

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