Jan Lewan è un bizzarro polacco emigrato in Pennsylvania che, dopo anni di lavoretti saltuari sottopagati fonda una band di polka, diventando il numero uno del settore nel proprio stato. È questa la premessa che accompagna Il Re della Polka, film Netflix del 2017 diretto da Maya Forbes e Wallace Wolodarsky e interpretato dall’istrionico Jack Black. Gli affari però, per Jan non vanno a gonfie vele, tanto che è costretto ad arrotondare con vari espedienti, in cui spicca un non particolarmente fortunato negozietto di prodotti polacchi di vario genere. Sposato con Marla, che lo ama alla follia e lo sostiene nei suoi pazzi progetti, e osteggiato dalla suocera, che lo considera un buono a nulla, Jan ben presto trova il modo di fare soldi facili. Siccome il grosso del suo pubblico è costituito da anziani, mette su un vero e proprio schema Ponzi, senza forse nemmeno sapere di preciso di cosa si tratti. Con questo termine, ispirato al modus operandi del noto truffatore italiano Charles Ponzi negli anni venti, si intende una rete di investimenti che promette guadagni ad interessi nettamente superiori a quelli offerti dalle banche ai propri investitori, a patto che essi reclutino nuove vittime da coinvolgere nella truffa, i cui investimenti costituiranno parte dei guadagni dei primi coinvolti. In sostanza si ricevono dei soldi, tanti soldi, e si attendono nuovi investitori per restituire quanto stabilito alle vittime di lunga data, pur avendo, chi organizza la truffa, un capitale sociale nullo. Jan fece proprio questo, organizzando, per non destare sospetti, varie attività quali viaggi nelle capitali europee, con annesso ricevimento presso Papa Giovanni Paolo II in Vaticano, e tour organizzati in pullman all’interno dello stato. Ben presto, però, il governo si insospettirà, condannando il Re della Polka ad una reclusione di cinque anni.
Il caso Lewan fece molto scalpore negli anni ’90 e venne già affrontato al cinema nel documentario, sempre targato Netflix, The man who would be Polka King, diretto da John Mikulak e Joshua Brown, che tra l’altro è stato il più importante ispiratore del film del 2017. Una pellicola che, probabilmente, non avrebbe visto la luce senza il decisivo coinvolgimento di Jack Black nel progetto, non solo in veste di protagonista, ma anche nel ruolo di produttore. “Quando mi hanno proposto di interpretare Lewan, facendomi vedere il documentario del 2009, sono subito rimasto entusiasta. Insomma, questo tizio è scatenato, e oltretutto è scatenato a ritmo di polka! Poi ha quel fantastico accento…mi sono bastati due minuti di visione per prendere la decisione”. Queste sono state le parole, entusiaste, del comico e cantante californiano, che si è dimostrato perfettamente all’altezza del ruolo, interpretando Lewan in maniera ineccepibile e dominando il film dall’inizio alla fine. Ha dato prova di grandi capacità interpretative (l’accento polacco, che mantenne anche nelle pause dalle riprese per settimane, è semplicemente perfetto) sia di quelle musicali, già note, essendo il frontman dei Tenacious D. Le sequenze dei concerti non solo sono le più divertenti da vedere, ma anche quelle che permettono al personaggio di raggiungere la sua piena definizione.
Molto interessante è anche il modo in cui la coppia di registi ha deciso di affrontare il discorso criminale che accompagna l’attività musicale di Lewan. Il cantante polacco, infatti, non appare mai come un fuorilegge convinto e consapevole di quello che sta facendo, tanto che all’inizio, quando arriva nel suo negozio un agente di polizia che lo intima a cessare il suo sistema di investimenti illegale, Jan appare sconvolto e sinceramente pentito, non essendone inizialmente consapevole. Dopodiché però, il Re della Polka sembra spinto a continuare ad agire in tal modo quasi a causa di tentazioni “diaboliche”. Gli vengono proposti dei lauti investimenti proprio nei momenti di maggiore necessità economica ma anche di maggior sconforto, quando nessuno sembra più credere in lui e ha bisogno di fiducia da parte del mondo. Ecco che allora Jan non riesce a resistere e ci ricasca, tutelandosi leggermente cambiando il nome della sua società. Insomma, non è un truffatore malizioso, ma un uomo poco incapace di autocontrollare la sua smania di guadagno e di successo. Ottima in questo senso è la scelta di intervallare alle immagini del Lewan criminale quelle del fedele devoto che molto spesso va a confessarsi, dichiarandosi pentito per le sue continue bugie, che gli altri, inesorabilmente, e forse disgraziatamente, non riescono a smascherare.
Dopodiché la trama di Il Re della Polka si arricchisce di altri due elementi indispensabili: l’amore tra Jan e Marla e l’amicizia del protagonista con Mickey, clarinettista della band. Per quanto riguarda il discorso coniugale, vediamo una donna (interpretata da Jenny Slate, star della comedy televisiva) devota al proprio marito, disposta a sostenerlo sempre e comunque, anche quando lui la taglia fuori dai discorsi finanziari della sua attività. Il tutto, nonostante i tentativi di boicottaggio della relazione da parte di sua madre (un’ottima Jacki Weaver con una fitta permanente), che mal sopporta il genero, intuendone anche la natura truffaldina. Tuttavia Marla è sinceramente fiera di essere la signora Lewan, perché ritiene il marito un eroe che incarna perfettamente i valori del sogno americano (che per la verità sono di fatto ribaltati), e perché in fondo ragiona allo stesso modo del marito. Anche lei, come il consorte, sogna il successo, non nella musica bensì nel mondo dei concorsi di bellezza. Anche lei desidera emergere e vivere la propria vita finalmente da protagonista, e Jan, in questo senso, è la spalla perfetta.
Autentica come l’amore è anche l’amicizia ne Il Re della Polka. Il clarinettista Mickey (Jason Schwartzman), infatti, è prima di tutto un fedele compagno di vecchissima data per Jan. Tuttavia, quando il musicista comincia a sospettare che dietro i misteriosi incassi del frontman ci possano essere dei traffici illeciti, fa un passo indietro, anche se non in modo molto evidente. Il distacco raggiungerà l’apice negli anni di prigione del polacco, quando Mickey non andrà a trovarlo nemmeno una volta, sentendosi tradito. All’uscita dal carcere, però, le divergenze si appaieranno e i due torneranno a suonare insieme.
Il Re della Polka si presenta come un film leggero su una storia avvincente, resa alla perfezione dall’interprete protagonista, già avvezzo a ruoli criminali grazie al suo lavoro in Bernie di Richard Linklater, film del 2011 che non ha trovato una distribuzione in Italia. Tuttavia manca certamente in chiarezza, con la vicenda che non viene mai del tutto spiegata, come quasi sempre accade con gli altri film su truffe e reati finanziari, ma semplicemente rappresentata senza farsi troppi problemi nel far comprendere la vicenda allo spettatore, che infatti, conclusa la visione, rimane un po’ confuso circa ciò che ha visto. Insomma, è un film dalla fantastica premessa resa in maniera non ineccepibile ma difettosa.