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Oh, Canada: niente è vero, tutto è reale

Oh, Canada segna il ritorno della collaborazione tra Paul Schrader e Richard Gere a 44 anni da American Gigolò

A 44 anni di distanza da American Gigolò, Richard Gere per Oh, Canada torna a lavorare con Paul Schrader. Contemplato tra i maestri del cinema moderno, Schrader è indissolubilmente legato alla sua attività da sceneggiatore, forse anche più che a quella da regista. Nella sua attività da regista, oltre ad American Gigolò, nella sua filmografia rientrano anche il biopic su Mishima come Cortesie per gli ospiti. Ma Schrader è sicuramente amato da molti cinefili in quanto penna dietro ad alcuni dei capolavori di Scorsese primo fra tutti Taxi Driver. Si tratta, inoltre, del secondo adattamento di un’opera di Russell Banks scomparso nel 2023. Il film a Cannes ha ricevuto un’accoglienza mista, tra chi ha apprezzato l’adattamento e chi invece lo ha ritenuto troppo piatto. L’uscita di Oh, Canada è prevista nelle sale italiane per il mese di gennaio 2025.

Oh, Canada

Oh, Canada: trama e cast

Il regista di documentari Leonard “Leo” Fife (Gere/Jacob Elordi da giovane) si trova sul letto di morte a causa del cancro. Ritenuto una leggenda per la sua diserzione dalla guerra in Vietnam, anni in cui avrebbe intrapreso un viaggio à la Kerouac nella Cuba castrista. Leo ha deciso di raccontare la sua vita prima di morire in un documentario della CBC. A realizzare il documentario sarà il suo ex studente Malcolm (Michael Imperioli) che nutre nei confronti del suo maestro una stima sconfinata che vuole trasmettere nel documentario. In realtà, Leo attraverso il documentario vuole raccontare come la sua vita è andata realmente. Una confessione anche agli occhi della moglie Emma (Uma Thurman), anche lei sua ex studentessa e ignara del passato del coniuge.

Leo racconta la sua vita precedente. L’uomo viveva in Virginia con la moglie Alicia (Kristina Froseth) e il figlio appena nato Cornel. Si scopre però presto insoddisfatto della sua vita da padre e marito. Man mano che il racconto procede, la leggenda di Leonard sembra crollare, fino al punto di spingere Emma – senza successo – a cercare di interrompere l’intervista. Leo è un fiume in piena e confessa tutte le menzogne che hanno animato la sua vita, fino alla costruzione del suo stesso mito. L’uomo rivive la sua intera esistenza, fino al momento in cui attraversando il confine a nord degli Stati Uniti è diventato il personaggio che tutti conoscono. Schrader ha confessato di aver deciso di realizzare l’adattamento di Oh, Canada dopo essere stato ricoverato tre volte a causa del COVID.

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Oh, Canada: la morte dell’eroe

Il regista ha indicato tra i riferimenti letterari di Oh, Canada La Morte di Ivan Ilic’ mentre tra quelli cinematografici, Specchio di Tarkovskij. Sono spunti di analisi molto interessanti. Innanzitutto, perché si tratta di due opere che hanno molto a che fare con la spiritualità, tanto dei protagonisti delle opere, che dei loro autori. La confessione di Leo, allora, diventa una confessione in senso quasi religioso, forse nel tentativo di liberarsi dai propri peccati. Aprendosi al mondo, l’uomo uccide il proprio stesso mito, l’eroe che era stato muore con lui, forse prima di lui. Schrader decide di rendere il personaggio privo di qualsiasi empatia, sembra voler spingere lo spettatore a non provarne a sua volta alcuna. La malattia, la sofferenza, la morte arrivano a liberarlo per prima cosa da sé stesso.

Sul piano della regia Schrader decide di seguire una strada forse non sempre chiara. La scelta di sovrapporre in taluni momenti la presenza di Gere nei flashback a quella di Elordi finisce per sminuire la presenza scenica di quest’ultimo. A questo punto, forse, riproporre semplicemente Gere nei frammenti di memoria avrebbe conferito al film ulteriore forza. La sceneggiatura è solida, incrollabile, le variazioni rispetto all’opera di Banks riescono a tradurre il piano letterario su quello filmico. Anche la scelta di tutto il resto del cast traduce lo smarrimento, la sorpresa e la delusione. Fiff decide di rivelarsi proprio di fronte alle persone che più di tutte lo avevano apprezzato. A spiccare in modo deciso è Uma Thurman che nei panni della moglie vuole soffocare una verità, più a sé stessa che al mondo circostante.

Oh, Canada

L’autenticità è nella finzione

C’è un dettaglio nel finale di Oh, Canada che sembra il ribaltamento di tutta la vita di Leo. Il traditore, infatti, viene a sua volta tradito, l’inganno che lo colpirà è destinato a non essere scoperto, un contrappasso quasi dantesco. In questa storia che è il disvelamento di una finzione durata una vita, Schrader inserisce l’autenticità dei suoi personaggi. Nessuno sembra, davvero, pronto alla verità. Ma a questo si accompagna un gusto, umano nella sua mostruosità, legato alla caduta di un mito, a cui tutti sembrano un po’ aspirare. Gere si confronta con un ruolo che merita un plauso importante. Ma è Schrader a mostrarsi in tutto sé stesso in questo film.

Perché in un’opera non priva di difetti, ma per questo anche molto viva, il regista e sceneggiatore ricorre a tutto il suo animo. C’è qualcosa di Scorsese in Oh, Canada o – alla fine – c’è sempre qualcosa di Schrader nei film di Scorsese? Stiamo parlando pur sempre di un riferimento del cinema che emerge tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70. Una penna a cui oltre lo stesso Scorsese si è affidato anche De Palma. Con questo film che pigramente potremmo definire un film-testamento, Schrader riesce nell’intento di non lasciare indifferente lo spettatore.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Oh, Canada mostra ancora una volta il talento nella scrittura di Paul Schrader, un film senza appello per il suo protagonista, una confessione sconvolgente che ne ribalta l'esistenza.
Stefano Minisgallo
Stefano Minisgallo
Si vive solo due volte come in 007. Si fanno i 400 colpi come Truffaut, Fino all’ultimo respiro come Godard. Il cinema va preso sul serio, ma non troppo. Ci sono troppi film da vedere e poco tempo, allora guardiamo quelli belli. Il cinema è una bella spiaggia, come nei film di Agnes Varda.

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