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L’amore il pomeriggio. I borghesi di Rohmer

Nel 1972 Eric Rohmer chiude il ciclo dei “racconti morali” con il riuscitissimo L’amore il pomeriggio. Il film arriva dunque a chiudere una specifica pagina della carriera del regista francese, che ha ben spiegato la sua concezione dell’aggettivo “morale”. Per Rohmer, infatti, con quel termine non si intende un giudizio su quello che fanno i suoi personaggi. Con racconti morali si intende piuttosto l’interesse per un particolare stato d’animo dell’essere umano. Ciò che interessa al regista è mettere in scena il modo in cui i protagonisti agiscono dinanzi a determinate situazioni, soprattutto di tipo relazionale.

L’amore il pomeriggio – trama e cast

Frédéric (Bernard Verley) è un uomo con un lavoro di prestigio che vive a Parigi con Helene (Francoise Verley). La coppia ha un figlio ed è in attesa dell’arrivo del secondogenito. Frédéric si scopre a pensare con nostalgia ai tempi in cui non era sposato. Questa nostalgia finisce per trasformarsi in una fantasia nella quale l’uomo sogna di possedere un amuleto che faccia innamorare qualsiasi donna. Quando sembra che sia riuscito a dominare i suoi pensieri, ricompare nella sua vita una sua amica del passato, Chloé (Zouzou). Il rapporto con la donna mette Frédéric in difficoltà, i due si incontrano spesso e sembrano innamorarsi. Tuttavia, l’uomo non riuscirà a mettersi alle spalle il passato, finendo per abbandonare Chloé quando sembrava che il loro amore stesse per esplodere. Fréderic e Helene sono stati scelti per L’amore il pomeriggio perché erano una coppia nella realtà.

L’amore il pomeriggio – la recensione

Nel capitolo conclusivo dei “racconti morali” Rohmer sembra ricostruire i temi e le strutture dei lavori precedenti. Un richiamo evidente al terzo film è quello della sequenza finale. Esattamente come in La mia notte con Maud anche in questo film il protagonista rinuncia al tradimento proprio quando sembra realizzarsi concretamente. Il noto critico Roger Ebert recensendo L’amore il pomeriggio ne parlò come il migliore dei racconti di Rohmer. Al di là della classificazione interna ciò che emerge è come pur non fornendo un giudizio caustico sui suoi interpreti, il regista abbia un pensiero. Ancor di più che negli altri racconti, in questo il protagonista è un borghese. Non è un intellettuale come il protagonista de Il ginocchio di Claire per quanto in molti aspetti ne ricalchi gli atteggiamenti. Questi uomini che non portano alla fine le loro frequentazioni inconfessabili, che non riescono ad accettarsi nella dimensione delle relazioni quotidiane.

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L’amore il pomeriggio custodisce pienamente tutti gli aspetti della bellezza formale dei film di Rohmer. Le sequenze che si dipanano nella vita cittadina sembrano andare di pari passo alla vita interiore dei protagonisti. La vitalità della città sembra allora la vitalità di Frédéric quando si scopre innamorato o presuntamente innamorato. Ma sono i protagonisti femminili di Rohmer a fornire alle storie una profondità e una possibilità di azione che altrimenti non avrebbero. Sono loro ad attraversare il percorso di costruzione all’interno del film. In seguito alle loro azioni, si modificano irrevocabilmente quelle degli uomini attorno a loro. Una costruzione di scelte comportamentali, morali appunto, che trovò a suo tempo anche l’attenzione del filosofo Gilles Deleuze. Da sempre molto attento alle questioni cinematografiche, questi parlò dei racconti morali come “una storia dei modi di esistenza”.

L’amour ai tempi del grande cinema francese

Rohmer ha fatto parte dell’esperienza dei Cahiers du Cinema che ha poi dato vita alla Nouvelle Vague. Il regista ha quindi vissuto i tempi della celebre rivista al fianco dei Truffaut, dei Godard, di Varda. Al contrario di questi, il suo successo (anche di critica) è stato meno dirompente. Sta di fatto che il regista di L’amore il pomeriggio resta figlio di quella esperienza, di quella formazione. Meno marcatamente politico degli altri, il suo cinema ha comunque stabilito una forma e uno stile personale. Quello che lo accomuna ai registi precedentemente menzionati è l’interesse verso la dimensione relazionale, seppur volta a una dimensione più privata. Al pari del regista di Fino all’ultimo respiro Rohmer si è interrogato sul modo in cui le relazioni amorose possono intervenire sui soggetti, fino a modificarne la sorte.

Chiusa l’esperienza dei racconti, nella carriera del regista ci sono stati altri grandi successi. Film all’interno dei quali ha mantenuto ben salda la sua dimensione autoriale e, volendo, anche filosofica. Quando sviluppa un altro ciclo di film, quello delle “commedie e proverbi” pone nel ruolo di agenti effettivi proprio delle protagoniste femminili. Con Call me by your name il regista italiano Luca Guadagnino ha posto Rohmer tra i suoi principali riferimenti cinematografici. Va sempre tenuto, infatti, conto del contesto temporale in cui dei film vengono realizzati. Con lavori come L’amore il pomeriggio, per esempio, si racconta una dimensione relazionale che in quei termini aveva pochi precedenti. Con la comparsa dei grandi registi francesi che hanno stravolto il cinema dalle fondamenta, è cambiato anche il modo di raccontare l’amore. Rohmer come dice un famoso brano dell’artista francese Clio ne ha stravolto anche la dimensione estetica.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Con L'amore il pomeriggio si chiude, in bellezza, il ciclo dei racconti morali di Rohmer. Un film in cui emerge tutta la qualità estetica che ha accompagnato la carriera del regista francese.
Stefano Minisgallo
Stefano Minisgallo
Si vive solo due volte come in 007. Si fanno i 400 colpi come Truffaut, Fino all’ultimo respiro come Godard. Il cinema va preso sul serio, ma non troppo. Ci sono troppi film da vedere e poco tempo, allora guardiamo quelli belli. Il cinema è una bella spiaggia, come nei film di Agnes Varda.

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