Obbiettivo: rilanciare un intero genere cinematografico. Menti creative: i geniali sceneggiatori di film come Aladdin, Godzilla e Shrek e il regista horror più in voga del momento. Finanziatori: un guru della produzione cinematografica di ogni genere, specializzato nell’action e la Walt Disney Company. Ispirazione: un’attrazione presente nei parchi tematici di Topolino praticamente da sempre. Sono queste le regole guida dalle quali è scaturito, nel 2003, La Maledizione della prima luna, film d’avventura sui pirati del ‘700, che sarebbe diventato il capostipite di una delle saghe cinematografiche di maggior successo di sempre.
E dire che l’idea di rilanciare il cinema d’avventura, in crisi dai capolavori del decennio d’oro degli anni ’80, con le trilogie di Indiana Jones e di Ritorno al futuro che sbancavano al botteghino e riscrivevano le regole del genere avventuroso, e con la sola eccezione della saga di Jurassic Park a portare in alto la bandiera di tale genere negli anni ’90, con un film dedicato ai bucanieri (anch’esso un tipo di film scomparso da molto tempo), è partita molto prima del primo capitolo della saga. I due sceneggiatori Ted Elliot e Terry Rossio, veri Re Mida del loro settore nel corso dell’ultimo decennio del secolo scorso, hanno infatti cominciato a lavorare ad uno script sui pirati già dal 1995. Col nuovo millennio la Disney mette gli occhi sul progetto, fiutando guadagni potenzialmente inimmaginabili. In effetti la trama intessuta dai due sodali collaboratori funziona davvero a meraviglia: l’ambientazione è quella caraibica delle famose giostre presenti nei Disneyland di tutto il mondo dagli anni ’50, che unisce accuratezze storiche a tocchi dark e fantasy, e i protagonisti sono molto carismatici. Abbiamo una giovane ribelle affascinata dall’azione, che viene rapita da una ciurma di manigoldi vittime di una terribile maledizione, il suo innamorato che si allea con uno sgangherato capitano pirata per salvarla e un antagonista “così spietato che anche l’inferno lo ha risputato”. La Disney, dal canto suo, si è tutelata investendo un budget di 140 milioni di dollari nel progetto e soprattutto ingaggiando uno dei più promettenti giovani registi sulla piazza, quel Gore Verbinski salito alla ribalta internazionale grazie allo straordinario successo del suo The Ring, remake del classico d’orrore giapponese del 1998, e considerato da Jerry Bruckheimer, il principale co-produttore, l’uomo ideale per coniugare i gusti e le esigenze di spettatori grandi e piccoli.
E così è cominciata un’epopea lunga cinque film e probabilmente non ancora conclusa. La Maledizione della prima luna vede protagonista la giovane Elizabeth Swann, la figlia del governatore inglese di stanza nei Caraibi, che, da bambina ruba a un giovane naufrago, Will Turner, un medaglione d’oro di chiara provenienza piratesca. I due crescono, lei sempre più bella e lui sempre più innamorato disilluso, dato il suo status di fabbro. Quando però, per caso la giovane cade in mare, il medaglione che porta al collo richiama a Port Royal lo spietato equipaggio della Perla Nera, capitanato dal famigerato Hector Barbossa. Elizabeth viene rapita: il suo gioiello è indispensabile alla ciurma per scacciare definitivamente la maledizione che li affligge da quando hanno sperperato il tesoro azteco di Cortes, che li rende immortali ma anche insensibili a qualsiasi sensazione umana, oltre che terrificanti zombie non appena si espongono alla luce della luna piena. Il giovane Turner (figlio inconsapevole di un leggendario filibustiere chiamato Sputafuoco Bill) non potrà far altro che allearsi con l’odiato pirata da poco giunto nelle prigioni di Port Royal, tale capitan Jack Sparrow. Comincia così un’avventura strabordante di azione e magia, tra duelli tra immortali, ammutinamenti, rum in fiamme e arrembaggi in mare aperto, in cui valori e sorti dei protagonisti si mescolano ad un ritmo forsennato e incalzante.
Come prima cosa occorre dire che La Maledizione della prima luna è stato un successo che ha ampiamente ripagato i soldi investiti dalla produzione. Ciò vale non soltanto a livello di incassi (più di 600 milioni di dollari in tutto il mondo), ma anche e soprattutto nell’affezione che da subito le vicende e i personaggi hanno provocato in un pubblico addirittura più eterogeneo di quanto ci si aspettasse. Da questo punto di vista ha avuto indubbiamente un peso incredibile la scelta degli interpreti. Il volto della bella Elizabeth è impersonato dalla diciottenne Keira Knightley, reduce dal successo planetario di Sognando Beckham e ormai non più una rivelazione ma una certezza dal punto di vista interpretativo. Will Turner invece è interpretato da quell’Orlando Bloom che all’inizio del millennio era forse l’attore più richiesto, almeno per quanto concerne i film che si proponevano di essere mainstream, come dimostra la sua partecipazione nei film de Il Signore degli Anelli nel ruolo dell’elfo Legolas. Completano il cast alcuni attori di grande tradizione cinematografica come il premio Oscar Geoffrey Rush nei panni di Barbossa e Jonathan Pryce in quelli del governatore Swann.
Ma a volte i film non si sviluppano come si era pensato in origine. E così quelli che dovevano essere i protagonisti de La Maledizione della prima luna, e cioè i due innamorati, sono stati letteralmente sovrastati, almeno dal punto di vista dell’affetto del pubblico, dal di per sé comprimario capitan Jack Sparrow. A interpretarlo egregiamente, la candidatura agli Oscar come miglior attore protagonista parla per lui, ci ha pensato Johnny Depp, che, venuto a conoscenza del progetto ha immediatamente voluto prenderne parte, desideroso di rilanciarsi in ruoli fuori dai suoi canoni. L’ex capitano della Perla Nera ha da subito colpito nel segno, dotato com’è di fascino e humor, una combinazione da sempre difficile da trovare al cinema. Depp si è preparato duramente per portare sullo schermo un personaggio che fosse veramente suo, che parlasse realmente della sua personalità. Il risultato è stato una rilettura del classico pirata gentiluomo in chiave moderna e per così dire rock, dato che l’attore non ha mai nascosto che una delle maggiori fonti d’ispirazione per il look e l’animo del personaggio è stata senza dubbio la figura del chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards. Anche dal punto di vista attoriale, poi, non sono pochi i momenti nel film dove Depp scioglie le briglie e dà libero sfogo alla propria verve interpretativa (l’entrata in scena è un gioiello di comicità), improvvisando persino intere sequenze. La più famosa, in questo senso, è la scena finale, dove Sparrow, finalmente di nuovo al timone della sua Perla, le parla chiedendole di portarlo all’orizzonte, verso la libertà, pur non comparendo essa in nessuna delle stesure della sceneggiatura. Essendo un capitolo iniziale, non siamo ancora di fronte al Jack Sparrow autentico, ma il personaggio lascia già intravedere tutte quelle caratteristiche (la camminata sgangherata, la proverbiale fiducia nella propria fortuna, la codardia che quasi sempre viene frenata da un forte senso etico) che lo caratterizzeranno nei capitoli successivi, scritti e concepiti ribaltando le gerarchie, con Sparrow protagonista e tutti gli altri comprimari, seppur indispensabili nell’economia di una saga che fa della coralità del cast la propria forza, almeno fino al terzo film.
Anche dal punto di vista organizzativo e tecnico le cose sono andate a gonfie vele, per usare un’espressione tratta dal mondo nautico. Verbinski ha confermato uno straordinario talento dietro la macchina da presa in un film di non facile gestione. Le scene in mare sono numerosissime così come quelle di massa, portate sullo schermo con la precisione di un coreografo. Ha saputo tirare fuori il meglio da ogni elemento del cast, senza per altro essere dispotico con gli attori. Da sempre la sua filosofia è quella di affidarsi il più possibile alle sensazioni dei suoi attori e, lavorando con veri e propri artisti come Johnny Depp tale precetto non può che accrescere nelle dimensioni. Il feeling tra i due è nato immediatamente ed è continuato anche dopo la conclusione dell’esperienza piratesca da parte del regista (in seguito al terzo film), con Depp che ha prestato la sua voce a Rango nell’omonimo film d’animazione premio Oscar nel 2012 e il suo volto per il personaggio di Tonto nel (pessimo) remake di The Lone Ranger del 2013. Il regista ha affermato che l’aspetto che l’ha subito colpito dell’attore del Kentucky è la sua straordinaria capacità immaginativa nel creare la personalità dei suoi personaggi: non occorre controllarlo, basta lasciarlo libero di gestirsi autonomamente, e il risultato non tarderà a vedersi. Un po’ come accadeva con Chaplin.
Ma i film di culto, categoria in cui rientra certamente anche La Maledizione della prima luna, e non solo per i suoi fan, non sono tali solamente per ciò che si vede sullo schermo. Ogni aspetto produttivo e diegetico diventa protagonista, tanto da unire tra loro mondi attrazionali completamente distanti: dai gadget ai giocattoli, dalle musiche ai fumetti. In modo particolare la colonna sonora del film è entrata nell’Olimpo della musica per cinema. Contrariamente a quanto si sia abituati a pensare, le tracce musicali che accompagnano le avventure di Sparrow nel primo capitolo della saga non sono state composte da Hans Zimmer (che subentrerà a partire dal secondo film), ma dal suo allievo Klaus Badelt, anche lui tedesco. Voci di corridoio rivelano infatti che la produzione avesse affidato il lavoro al celeberrimo compositore tra gli altri de Il Re Leone e Il Gladiatore, ma che quest’ultimo, non volendo rischiare di compromettersi con un progetto affascinante ma anche tremendamente rischioso, preferì “appaltare” l’incarico a uno dei suoi pupilli, per poi eventualmente partire da una base convincente in caso di successo. Le musiche composte da Badelt hanno immediatamente colpito tutti per la loro qualità. Alcuni temi quali He’s a pirate o Barbossa is hungry hanno superato i confini del film per diventare melodie conosciute davvero a livello universale, senza tradire in alcun modo lo stile del geniale Zimmer, che anzi ha applaudito il lavoro di Badelt come uno tra i più simili ai suoi.
La saga sui pirati più celebre e celebrata della storia del cinema non poteva che cominciare in modo più esaltante. Gli obbiettivi iniziali dei produttori si sono rivelati ampiamente raggiunti e l’entusiasmo che ha accompagnato l’epopea di Jack Sparrow, appena iniziata, ha fatto sì che le produzioni successive aumentassero addirittura i budget e le ambizioni dei produttori, come vedremo nei prossimi capitoli dedicati al franchise. La rotta verso l’orizzonte è stata tracciata. Ora non resta che seguirla!