La Profezia dell’Armadillo ft. Tonno Spiaggiato
Due film italiani, usciti nello stesso anno, due storie di formazione, due personaggi affermatisi in precedenza tramite Internet. Il parallelismo, però, può anche fermarsi qui. Il “tonno spiaggiato” che dà il titolo alla commedia è una gag che non fa ridere, facente parte della punchline di Francesco, attore comico che nella vita trova l’amore ma non il successo. Per raggiungere il secondo dovrà sacrificare il primo, salvo poi rendersi conto che il prezzo da pagare è troppo alto. Cercherà quindi di tornare sui suoi passi, impegnandosi per recuperare l’amore perduto. E qui parte decisamente il film, incentrato sui modi allucinanti e allucinati scelti dal protagonista per ritrovare l’affetto dell’amata che ha deluso.
Le trovate sono totalmente surreali, ma il tutto è sostenuto dalla faccia da schiaffi di Frank Martano, una carriera partita da Youtube, poi transitata attraverso la TV (le Iene, tra le altre cose), qui anche coautore della storia. Storia che non va troppo per il sottile nell’uso delle metafore: l’eterna adolescenza di Francesco, per dire, è simboleggiata dall’uso delle rotelle sulla bicicletta da adulto. Qualche bel personaggio di contorno completa il quadro: Niccolò, il migliore amico di Francesco, traumatizzato dalla morte della madre, ha una sua sottotrama e un piccolo spazio nel quale muoversi, funge da spalla al protagonista e da sponda agli eventi paradossali scatenati dall’amico. Peccato che le azioni di entrambi siano così fuor di logica da attenuare l’effetto delle non disprezzabili gag che infarciscono il film. Al termine della vicenda, tutti ne usciranno trasformati, come si conviene ad una storia di formazione, anche se il tutto è ridotto a una gag finale piuttosto fiacca, verrebbe da dire, in linea con il tono generale del film. Alla fine della fiera, una durata non eccessiva (90 minuti) per un paio di risate, ci può anche stare. Nell’altro film del nostro double feature, il tono è completamente diverso. Difficile parlarne come un film realmente “drammatico”, come viene catalogato ufficialmente, perché la necessità di ascrivere tutto ad un genere sembra imprescindibile, anche quando la storia prova a sfuggire ad una facile catalogazione. La profezia dell’armadillo è un dramma, una commedia, un film grottesco e anche una biografia. Più concretamente, è la traduzione a 24 fotogrammi al secondo del mondo di Zerocalcare, all’anagrafe Michele Rech, artista che deve la sua fama alle pubblicazioni a fumetti su blog. Pubblicazioni poi diventate splendidi romanzi grafici, che narrano storie molto personali, dove il protagonista è sempre lui, Zero, e il mondo che gli sta intorno. Quindi, la profezia è prima un romanzo grafico, poi un film che prova a mediare le storie disegnate da Michele per un diverso tipo di fruizione. Ma è una storia adatta per le sale? Gli autori (tra i quali Valerio Mastandrea) hanno cercato di essere fedeli al prototipo, mantenendo comunque le distanze dal media di origine. L’operazione non mi ha convinto del tutto. Da lettore delle storie di Michele, ho trovato una bellissima correttezza formale e una gran coerenza nel raccontare il mondo di Zerocalcare e del suo autore, mondi che si sovrappongono, si compenetrano, ma che non sono lo stesso posto: il primo è mediato dall’autore, il secondo è una realtà più concreta e meno affascinante, dove il cartello del 451 non lo porteresti a casa, ma lo strapperesti per usarlo come clava su quel dannato autobus che ti lascia a piedi in continuazione ( troppe volte ho rinunciato ad aspettarlo, e sono andato a casa a piedi, per poter dimenticare). Ma il talento di Michele è quello di farti vivere la SUA Rebibbia, come fosse un luogo mitico, dove le cose possono in qualche modo funzionare, un luogo dove la fantasia ha ancora il suo spazio (il leggendario mammut) e al quale ti puoi affezionare tanto da considerarla la tua vera, unica casa .
Michele vive la usa vita intensamente, cresce e matura, riporta il suo destino nelle sue opere. Il personaggio Zerocalcare del film fa lo stesso, assieme all’inseparabile Secco, alieno nella società e punto di riferimento necessario per l’autore/amico. Fin qui tutto bene. Poi arriva l’armadillo. Una delle particolarità di Michele, è che nelle sue bellissime storie media (quasi) tutte le sue conoscenze, compresa la sua coscienza, con le fattezze di animali umanizzati. Nel film, l’unico animale è l’armadillo, perché a tutto si poteva rinunciare, ma non alla coscienza di Zerocalcare. E l’animale, che pare un transfugo di Star Wars ’77, non funziona: è ingombrante, straniante, e non ha nulla della naturalezza con la quale Michele lo introduce nelle sue tavole. La Profezia dell’armadillo non è un brutto film, è ben scritto, ben recitato e sobriamente diretto, parla di argomenti interessanti, ha personaggi coi quali identificarsi non è impossibile, e alla fine arriva al punto. Ma chi legge i fumetti lo troverà forse carente di fantasia, e chi non li ha mai letti non avrà il background per identificarsi col personaggio principale. Alla fine, la parte più riuscita è il cameo di Adriano Panatta (nel ruolo di sé stesso), la cui breve performance si sposa al tono di questo film come un dialogo di Samuel L. Jackson ad un film di Tarantino.